Il Veneto è sicuramente la regione in cui è possibile incontrare il maggior numero di opere di Carlo Scarpa. L’architetto ha infatti realizzato le opere più significative nella sua regione natale. Il suo linguaggio moderno, ma sempre attento alle tradizioni, ha saputo creare degli scorci e delle opere uniche.

Questo itinerario, abbastanza intenso, si sviluppa in tre giornate.

La prima passerà in rassegna solo due delle architetture di Scarpa nella città di Venezia: il NEGOZIO OLIVETTI e la FONDAZIONE QUERINI-STAMPALIA. La selezione è stata molto difficile in una città che conserva molte delle opere del maestro, tra cui anche la ristrutturazione di Ca’ Foscari, la sistemazione delle Gallerie dell’Accademia, il riordino della quadreria del Museo Correr, la sistemazione del Monumento alla Partigiana di Murer, il padiglione del Venezuela alla Biennale, l’ingresso e il patio-giardino alla Biennale e la Fondazione Masieri.

I giorni successivi toccheranno la città di Verona, alla scoperta del MUSEO DI CASTELVECCHIO e della BANCA POPOLARE, Possagno per la GIPSOTECA CANOVIANA e Altivole, vicino Treviso, per la visita della TOMBA BRION.

Riempiremo il nostro racconto di una serie di consigli, dettagli da osservare o punti di vista privilegiati per poter portare a casa delle vere e proprie fotografie d’autore!

Ad accompagnarci sarà la meravigliosa guida tascabile “Carlo Scarpa guida all’architettura” di Sergio Los di cui, ogni tanto, condivideremo le descrizioni.

Giorno 1 | Venezia

Negozio Olivetti

piazza San Marco 101 · aperto tutti i giorni dalle 10-18 · chiuso lunedì

Il negozio Olivetti è situato in un fondaco d’angolo sotto i portici delle Procuratie Vecchie, in piazza San Marco. Venne inaugurato nel 1958 e, contrariamente a quanto suggerito dal nome, non si tratta di un punto vendita.

Il sito ha una forma complessa, ma Scarpa riesce magistralmente a creare una spazio armonico e iconico, un vero e proprio biglietto da visita per la Olivetti nella piazza principale della città.

L’impianto è asimmetrico: Scarpa sposta l’ingresso sul lato destro lasciando libero il resto del fronte angolare per ospitare la vetrina. [Tip ¹]

La scala interna, dalle forme neoplastiche, costituisce l’immagine più iconica del progetto. Lo spazio viene scomposto da una cascata di gradini, lastre sospese in marmo di Aurisina, che conducono nel piano ammezzato dove vengono esposte in sequenza una serie di macchine da scrivere. [Tip ²]

Tra le maniere più adoperate dall’architetto per organizzare lo spazio e i percorsi vi è quella di collocare oggetti d’arte intorno al quale muoversi. Anche nel negozio Olivetti, una volta entrati, una grande scultura del Viani vi inviterà a proseguire in direzione frontale ma allo stesso tempo vi separerà, pur lasciandovela intravedere, dalla zona della vetrina d’angolo. [Tip ³]

Tip ¹ La porta/grata d’ingresso è caratterizzata da un magnifico intreccio, vi consigliamo di recarvi sul sito qualche minuto prima della sua apertura per poterne osservare la bellezza e le proporzioni e scattare qualche bella fotografia!
Tip ² La scala è molto difficile da fotografare a causa delle dimensioni ridotte dello spazio, munitevi di un grandangolo oppure andate alla ricerca dei pochi punti da cui è possibile fotografarla per intero!
Tip ³ Non dimenticatevi, una volta conclusa la visita, di girare l’angolo e osservare la vetrina anche dall’esterno, con qualche fortuito riflesso di luce potreste anche avere l’impressione che le macchine da scrivere siano sospese nello spazio, essendo, la struttura allestitiva, estremamente sottile e diafana.

Info visita
[ fondoambiente.it ]

foto: © Irene Pace

Fondazione Querini-Stampalia

Campo Santa Maria Formosa 5252 · aperto tutti i giorni dalle 10-18 · chiuso lunedì

«Dobbiamo portare fuori l’acqua dall’edificio»
«Non fuori, dentro!»

Carlo Scarpa rispose così all’affermazione del suo committente Giuseppe Mazzariol che, nel 1961, gli commissionò il restauro della Fondazione Querini-Stampalia. L’allora direttore incaricò l’architetto di occuparsi del restauro del piano terra, reso inutilizzabile dalle periodiche acque alte e di riorganizzarne l’impianto, completamente travisato a seguito di un intervento di restauro avvenuto nell’Ottocento.

L’acqua, condizione intrinseca della città di Venezia, è vista come una risorsa e non più come una problematica. Il progetto prevede infatti che essa defluisca facilmente all’interno dell’edificio, governata da vasche e percorsi che la rendono un vero e proprio elemento architettonico. [Tip ¹]

Anche il ponte è un tema che viene ripreso da Scarpa: ne progetta uno nuovo, quale punto di accesso alla bussola di cristallo che apre nell’atrio dell’edificio. [Tip ²]

Dall’atrio si giunge al portico rialzato, destinato a esposizioni e conferenze, all’interno della sala non lasciatevi sfuggire la porta in travertino dalla sagoma curiosa e “mimetica” che porta alla saletta riservata ai conferenzieri. [Tip ³]

Nel giardino “l’acqua partecipa, ancora una volta, a un gioco di percorsi, una vaschetta la raccoglie gocciolante e la costringe a riempire una serie di conche secondo un itinerario labirintico prima di lasciarla cadere in un rivolo profondo”.

Tip ¹ Visitare Venezia nella stagione invernale o in giornate piovose e di acqua alta, potrebbe essere una magnifica opportunità per osservare gli interni della Fondazione ed il morbido fluire delle acque all’interno delle vasche progettate da Carlo Scarpa.
Tip ² Il pavimento dell’atrio in marmo policromo è tratto da motivi figurativi di Piet Mondrian e lo ritroveremo anche in un’altra tappa del nostro viaggio!
Tip ³ All’ingresso della Sala, prima di accedervi, noterete una particolare struttura scultorea, una sorta di grande pilastro realizzato in pietra d’Istria e decorato in oro zecchino. Una volta entrati nella sala, andate a vedere che cosa nasconde!

Info visita
[ querinistampalia.org ]

foto: © Irene Pace

Giorno 2 | Verona

Banca Popolare di Verona

piazza Nogara 2 Verona

Il progetto della Banca Popolare di Verona è stato tra gli ultimi progetti di Carlo Scarpa, ultimato dopo la sua morte. La nuova struttura sorge al posto di due edifici demoliti e si affianca alla precedente sede.

Se non doveste riuscire a visitare gli interni, sappiate che la vista della sola facciata esterna appagherà ugualmente il vostro spirito! È un elemento indipendente, appoggiato all’edificio, classicamente ripartito in attacco a terra, corpo centrale e coronamento.

La pietra dell’attacco a terra termina con una modanatura più o meno continua che va ad incorniciare vani ed aperture. Il corpo centrale è caratterizzato da una prima fascia di finestre rettangolari, alcune delle quali incorniciate da bow-window vetrati, e da una seconda fascia di aperture circolari.

Il vuoto della loggia continua, all’ultimo piano, lascia intravedere la sporgenza del tetto aggettante.

Tip ¹ Recatevi a visitare l’esterno dell’edificio di mattina presto oppure nel fine settimana. Sono molte le macchine che vengono parcheggiate al fianco della facciata, nonostante la segnaletica lo vieti. Potrebbero frapporsi tra voi e l’edificio ed impedire lo scatto di una bellissima foto ricordo!

foto: © Irene Pace

Museo di Castelvecchio

corso Castelvecchio 2 Verona · aperto tutti i giorni dalle 10-18 · chiuso lunedì

Il restauro e l’allestimento del Museo di Castelvecchio sono tra i progetti più significativi di Scarpa.

Licisco Magagnato, direttore del Museo Civico di Verona, commissionò il restauro della Reggia nel 1957. L’architetto cercò di districare l’edificio dall’intreccio delle varie epoche riproponendo una chiarezza storica più facilmente distinguibile attraverso l’accostamento chiaro dei diversi frammenti.

La facciata venne ripulita e l’ingresso decentrato, una serie di giochi d’acqua sono pensati per accompagnare il visitatore che si appresta ad entrare [Tip ¹].

Alla sinistra dell’entrata un volume cubico, di nuova edificazione, fuoriesce da un’apertura esistente, è il Sacello pensato per esporre reperti appartenenti a un corredo funerario. [Tip ²]

La sistemazione della Gallerie delle Sculture al piano terra diventa emblema dell’attenzione riposta dall’architettura alle modalità di percezione dell’opera d’arte. La statua di Santa Cecilia pone mostra le spalle rispetto al percorso del visitatore per metterne in risalto le lunghe trecce; due grandi pannelli colorati (uno rosso, più grande, e uno azzurro più piccolo), oltre ad essere dei divisori, si pongono come sfondo ad alcune opere. [Tip ³].

Nella Galleria dei dipinti l’architetto presta una rigorosa attenzione ai setti divisori tra le sale e alle modalità espositive, molti dei dipinti vengono appesi mediante aste realizzate con un tondino in ferro [Tip 4].

Il luogo di sintesi di tutta l’opera è la collocazione della statua equestre di Cangrande I della Scala, sospesa in un punto nodale, tra le Gallerie e il Mastio, concentrato di storia urbana e stratificazioni. Scarpa porge l’opera al visitatore, ne favorisce la scoperta, attraverso varie angolazioni e altezze, consentendone una visione totale.

Tip ¹ Di fronte alla grande fontana se ne trova un’altra con una fontanella posta al centro. Un piccolo scherzo di Scarpa, per potervi accedere, infatti, bisogna andare uno alla volta poggiando il piede sull’unico appoggio presente. Provateci!
Tip ² Osservate attentamente la texture di cui è composto. I blocchetti, in pietra Prun, vanno a ricreare un disegno molto simile alle composizioni di Mondrian, come avevamo già visto nel pavimento dell’atrio della Fondazione Querini-Stampalia.
Tip ³ Si tratta di due setti molto particolari, andate a vedere che cosa nascondono sul retro!
Tip 4 L’idea ispiratrice nasce da criptici schizzi dell’autore di un orecchio con un orecchino, associando all’idea di appendere i dipinti come preziosi “gioielli”.

Info visita
[ museodicastelvecchio.comune.verona.it ]

foto: © Irene Pace

Giorno 3 | Possagno e Altivole

Gypsotheca canoviana a Possagno

via Antonio Canova, 74 | aperto tutti i giorni dalle 9:30-18 | chiuso lunedì

L’ampliamento della Gipsoteca di Possagno venne commissionato a Carlo Scarpa dalla Soprintendenza delle Belle Arti in occasione del bicentenario della nascita di Canova, nel 1955. Il progetto è posto nelle immediate vicinanze della casa natale dello scultore dove venne già costruita, tra il 1834 e il 1836, una galleria atta a ospitare i centinaia di gessi e modellini in terracotta dell’autore. L’intervento è pressoché invisibile dall’esterno ed è inglobato nella preesistenza, situato in un lotto dalla forma irregolare e caratterizzato da una lieve pendenza. Le difficoltà del sito e il dialogo con la galleria ottocentesca diventano motivo di sfida per l’architetto che realizzerà un impianto cosiddetto a siringa in grado di adattarsi perfettamente al contesto. L’ingresso, in un vano preesistente, funge da bussola e inaugura il percorso tra le opere di Canova, consentendo l’ingresso al padiglione ottocentesco e sulla sinistra, al nuovo edificio. Una sorta di palcoscenico si mostra agli occhi del visitatore, i gessi sembrano librarsi nell’aria, come delle figure danzanti, il tutto in un’ambientazione fatta di luce naturale su un fondo uniformemente bianco. [Tip ¹]

Il volume bianco più alto, chiamato sala alta, è caratterizzato da quattro triedri in vetro, disposti negli angoli. “Volevo ritagliare l’azzurro del cielo” affermava Scarpa.

Seguendo il percorso espositivo si nota il restringimento del volume: il tetto accompagna il digradare dei piani, il punto di fuoco è caratterizzato dal gesso delle Tre Grazie che, grazie ad una grande vetrata posta alle loro spalle, sembrano essere immerse nel verde del giardino esterno.

La galleria e il volume scarpiano sono allontanati l’uno dall’altro da un camminamento esterno caratterizzato da una pavimentazione dal disegno originale. [Tip ²]

Tip ¹ Dal muro del volume più alto si intravede un taglio, una fessura dal quale si intravede la statua di un cavallo. Cercate di capire come accedere a questo spazio!
Tip ² Al termine della visita recatevi a vedere il Tempio Canoviano collocato a pochi metri dalla Gipsoteca. La sua pavimentazione vi ricorderà molto quella pensata da Carlo Scarpa. Vi consigliamo anche di cercare una foto aerea del Tempio, rimarrete piacevolmente stupiti dal disegno della pavimentazione.

Info visita
[ fondoambiente.it ]

foto: © Irene Pace

Tomba Brion a San Vito di Altivole

Cimitero comunale, via Brioni Altivole | aperto tutti i giorni dalle 8:00-20:00

La committente, la signora Brion, chiese a Carlo Scarpa di realizzare una tomba in memoria del marito defunto e prematuramente scomparso.

Il lotto ha una forma a “L”, attorno a due dei lati del complesso esistente. A delimitare lo spazio è un muro inclinato verso l’interno che scandisce tre luoghi: lo stagno con il padiglione nell’acqua, l’arcosolio nell’angolo, la cappella.

Vi sono due ingressi, uno diretto dall’esterno verso la cappella e uno secondario, dal cimitero, che Scarpa chiamava “i propilei”. Attraverso questi si giunge in un portico dal quale, attraverso due aperture ad anello, si può scorgere il giardino; a destra, invece, si trova un luogo più privato, un padiglione per la meditazione al centro dello stagno.

L’arcosolium è il monumento funebre vero e proprio, chiamato così in memoria delle catacombe dei primi cristiani in cui, personaggi importanti e martiri, venivano sepolti sotto strutture ad arco. L’arco progettato da Scarpa, una struttura ponte in cemento armato, ospita i due sarcofagi dei coniugi Brion, leggermente inclinati l’uno verso l’altro.

“È bello che due persone che si sono amate in vita si pieghino l’una verso l’altra per salutarsi dopo la morte”

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