Con una fila di colonne multicolore composte da fusti industriali impilati, Luis Martínez Santa-María, laureato alla Scuola tecnica di Architettura di Madrid, si aggiudica il concorso “Fear of Columns” bandito dalla Fondazione Mies van der Rohe in occasione del 30esimo anniversario dalla ricostruzione del famoso Padiglione che l’architetto tedesco costruì per l’Esposizione Internazionale del 1929 a Barcellona.
Progettare un’installazione effimera che ricordasse le otto colonne ioniche e i due piedistalli che anticipavano il Padiglione di Mies del 1929, era l’obiettivo della competizione internazionale, che ha riscosso un grande successo.
181 le proposte presentate da progettisti di 29 diversi Paesi e al quarto posto si posizione un team italiano, già conosciuto per aver vinto, lo scorso dicembre, l’ultima edizione di Europan Italia, il cui progetto per la riqualificazione del lungomare di Molfetta si classificò al primo posto. Si tratta di giovani pugliesi, del collettivo Arcipelago, composto da Nicoletta Faccitondo, Margherita Valente, Salvatore Dentamaro e Nicola Dario Baldassare.
Il progetto vincitore di Fear of Columns
«I don’t want to change the world. I only want to express it», il nome dato alla proposta vincitrice, apprezzata dalla giuria (Fernando Ramos Galindo, M. Clara Riera Escalona, Jordi Ros Ballesteros, Anna Sala Giralt y Julià Bort Ricart) per la sua chiarezza e per il modo in cui riesce a sintetizzare la verticalità delle colonne in contrasto con l’orizzontalità del padiglione.
«L’opera – recita il verdetto – riflette una marcata coscienza ambientale e la necessità di riutilizzo dei beni e, al contempo, esprime la temporaneità di un’installazione effimera, che si aggiungerà al Padiglione solo per poco tempo».
Ora all’architetto spagnolo tocca un’importante sfida: ricostruire le colonne con un budget di 15mila euro.
Il materiale è dato da «fusti di lamiera provenienti dai cimiteri di residui chimici, bidoni relazionati con la città di oggi. Marcati da segnali riconoscibili, si collocano uno sopra l’altro grazie a semplici cordoni di saldatura», spiega il progettista.
I fusti delle colonne così costruiti «diventano anche elementi artistici, perché il tempo ha provveduto a sbiadirli, a trasfigurarli e a disattivare la loro funzione, ottenendo nelle loro superfici e nelle ammaccature, effetti inimitabili», continua il vincitore.
«La fila multicolore di colonne realizzata con fusti industriali di scarto – conclude – genera un’ironia tra le minacce del paesaggio industriale e una bellezza ambigua, da queste rivelata. Chissà se a Mies, che una volta disse: “Non voglio cambiare il mondo. Voglio solo rivelarlo”, non sarebbe piaciuto».