Ciao ragazzi, anch'io come voi, sono alle prese con l'esame di stato. E sono d'accordo con tutti coloro che si lamentano e che propongono, forse demagogicamente, azioni eclatanti, “alla francese”. Io vi propongo azioni meno eclatanti, ma forse più realistiche per promuovere il SUPERAMENTO DEGLI ORDINI PROFESSIONALI con il manifesto-appello “L’Italia ce la può fare” (al punto1.a), promosso a livello istituzionale dalla Commissione Attività produttive della Camera. Questo il link dove poter aderire: www.radicali.it/appello_outsider/form.php
PS: aspetto commenti soprattutto contrari per un confronto.
Valeria : [post n° 87919]
SUPERAMENTO DEGLI ORDINI PROFESSIONALI
L'Italia non è un paese in cui possiamo permetterci una liberalizzazione così totale di questo settore... Si creerebbero cupole e cupolette "private"... i problemi della professioni potrebbero venir risolti da giudici di pace e non più da colleghi, che sinceramente ci capiscono di più del mestiere... Per assurdo e generalizzando per un paese come l'Italia è meglio continuare ad avere un organizzazione statale dell'ordinamento professionale, per quanto esso possa sembrarci "deleterio", che non avere tante associazioni private che finirebbero per farsi le lotte a livelli "mafiosi"... Un ordinamento statale infatti garantirebbe, fra le altre cose, un rispetto, per quanto spesso formale, delle norme deontologiche e professionali in quanto i rappresentanti eletti sono chiamati a farle rispettare. Temo una deregulation totale... ed una perdita dello status di professionista che ci da qualche diritto in più rispetto ad esempio ad un disegnatore... con tutto il rispetto per quelli che sanno fare bene il loro lavoro. Saluti a tutti.
che significherebbe l'abolizione"del valore legale del titolo di studio universitario"?cosa comportano queste iniziative?
per quante spese si pagano, l'albo per noi resta sempre e comunque una tutela su tante cose.
Iniziamo con l’Abolizione del Valore legale del titolo di studio.
Io mi sono iscritta al vecchio ordinamento ed in corso d’opera ho deciso di passare al nuovo ordinamento. Ho avuto quindi modo di farmi una opinione sulla differenza di ordinamenti con una certa cognizione di causa. Inoltre credo che la riforma del 3+2, con tutto quello che ne comporta, sia stata voluta soprattutto per aumentare il numero dei laureati e non per creare figure differenti per esigenze specifiche del mercato. Attuando quindi una serie di azioni che hanno portato ad un abbassamento della qualità della preparazione degli studenti del nuovo ordinamento. Mi riferisco alle direttive provenienti dall’alto volte ad aumentare il numero di promossi ai singoli esami. Cosa osservata da me direttamente nella mia Università, ma di cui mi raccontano anche in altre facoltà ed in altre città.
L’abolizione del valore legale del titolo universitario incentiverebbe le università a scommettere principalmente sulla preparazione dei loro studenti. Il loro prestigio dipenderebbe da questo e non dal numero di laureati nel minor tempo possibile ma con chissà quale preparazione.
Per quel che ormai riguarda noi, il discorso è analogo, dobbiamo scommetter sulla nostra preparazione e non accontentarci del “pezzo di carta”.
Io mi sono iscritta al vecchio ordinamento ed in corso d’opera ho deciso di passare al nuovo ordinamento. Ho avuto quindi modo di farmi una opinione sulla differenza di ordinamenti con una certa cognizione di causa. Inoltre credo che la riforma del 3+2, con tutto quello che ne comporta, sia stata voluta soprattutto per aumentare il numero dei laureati e non per creare figure differenti per esigenze specifiche del mercato. Attuando quindi una serie di azioni che hanno portato ad un abbassamento della qualità della preparazione degli studenti del nuovo ordinamento. Mi riferisco alle direttive provenienti dall’alto volte ad aumentare il numero di promossi ai singoli esami. Cosa osservata da me direttamente nella mia Università, ma di cui mi raccontano anche in altre facoltà ed in altre città.
L’abolizione del valore legale del titolo universitario incentiverebbe le università a scommettere principalmente sulla preparazione dei loro studenti. Il loro prestigio dipenderebbe da questo e non dal numero di laureati nel minor tempo possibile ma con chissà quale preparazione.
Per quel che ormai riguarda noi, il discorso è analogo, dobbiamo scommetter sulla nostra preparazione e non accontentarci del “pezzo di carta”.
Passiamo al superamento degli Ordini Professionali
Per Superamento degli Ordini Professionali non intendo la loro totale abolizione, ma l’eliminazione degli Ordini Professionali istituiti per legge. Al posto dell’UnicoOrdine al quale possiamo anzi dobbiamo iscriverci, avremo la possibilità di scegliere se iscriverci a Libere Associazioni di tutela.
La tutela ci sarebbe e non sarebbe solo formale come giustamente afferma Arch_ino, perché queste associazioni non essendo obbligatorie devono meritarsi e conquistarsi la nostra scelta. Questo è il sistema vigente in GranBretagna dove ci sono molte più garanzie da parte di queste Associazioni, di questi Ordini Liberalizzati. Ovviamente ci sono anche molte più radiazioni perché il loro sistema si basa sulla loro reputazione, sulla loro credibilità e non perché istituite per legge. I nostri Ordini sono formali perché non rischiano niente.
Per Superamento degli Ordini Professionali non intendo la loro totale abolizione, ma l’eliminazione degli Ordini Professionali istituiti per legge. Al posto dell’UnicoOrdine al quale possiamo anzi dobbiamo iscriverci, avremo la possibilità di scegliere se iscriverci a Libere Associazioni di tutela.
La tutela ci sarebbe e non sarebbe solo formale come giustamente afferma Arch_ino, perché queste associazioni non essendo obbligatorie devono meritarsi e conquistarsi la nostra scelta. Questo è il sistema vigente in GranBretagna dove ci sono molte più garanzie da parte di queste Associazioni, di questi Ordini Liberalizzati. Ovviamente ci sono anche molte più radiazioni perché il loro sistema si basa sulla loro reputazione, sulla loro credibilità e non perché istituite per legge. I nostri Ordini sono formali perché non rischiano niente.
Essendo posto in un tono politico, cara Valeria, non me la sento di rispondere sullo stesso piano... da semplice tecnico ti dico che una tale liberalizzazione eccessiva porterebbe secondo me al formarsi di cupole e cupolette... gli architetti perderebbero qualsiasi valore legale... e il ruolo del professionista verrebbe screditato... Salve a tutti.
Abbiamo tutti paura di sentirci mancare la poltrona sotto di noi. Dobbiamo scommettere su di noi.
Purtroppo non conosco architetti o cmq liberi professionisti inglesi. Ma in questo modo la cupola è costituita per legge ed esiste già, tu dici che la situazione peggiorerebbe perchè? In questo modo si scardinerebbe intanto la cupola che per assurdo è addirittura voluta dallo stato.
Purtroppo non conosco architetti o cmq liberi professionisti inglesi. Ma in questo modo la cupola è costituita per legge ed esiste già, tu dici che la situazione peggiorerebbe perchè? In questo modo si scardinerebbe intanto la cupola che per assurdo è addirittura voluta dallo stato.
Appunto... ammettiamo che l'Ordine attuale sia una "cupola" o una "corporazione" dedita alla gestione del potere nella professione... ipotesi estrema... essa è di derivazione statale e pertanto è tenuta a rispettare determinate norme ed a farle rispettare... essendo quindi investita di un potere giurisdizionale, un qualsiasi iscritto cosciente delle norme può far valere i propri diritti e vederli riconosciuti. Se un Ordine non protegge un iscritto viene meno ad un suo compito istituzionale ed è passibile di denuncia. La morale è: anche se fossero dei "mafiosi" sono tenuti a far rispettare la legge altrimenti se ne tornano a casa. Se liberalizziamo tutto chi avrà la responsabilità di far rispettare la deontologia e la professione? Ci saranno tanti "capetti"? Magari ognuno la farà rispettare a modo suo? Inevitabilmente nasceranno conflitti interni... Purtroppo questa è la realtà, la legge si può interpretare in mille modi e dovremmo stare a sentire mille pareri? Invece credo sia giusto non scardinare l'impianto attuale, dove per ogni provincia c'è un architetto nelle vesti di rappresentante legale ed un Consiglio investito di autorità giurisdizionale... si possono modernizzare molte cose, ma lasciando intatto l'impianto attuale... Ricordiamoci che siamo italiani e non possiamo snaturare la nostra mentalità... si rischia una deregulation totale... il caos... e nel caos ci vanno sempre meglio i furbissimi... saluti a tutti.
mah... quante cose ci sarebbero da dire, ...
...il problema è secondo me politico, nel senso di analizzare come una legislazione demagogica, a partire dagli anni '60 abbia determinato certi numeri che ogni tanto io qui denuncio: fine 2005, in italia sono iscritti all'ordine degli arch , pianif, paes, cons un architetto ogni 475 abitanti (Dati del ministero)..nel 2002 eravamo uno ogni 575 abit(dati CNA riportati anche dalla rivista del poli di mi), in quella sede venivano anche raffrontati con i dati del resto d'europa e la nazione che ci era più vicina era l'olanda( un arch ogni 2200 abitanti) querlla più lontana l'inghilterra (un arch ogni 7700 abit)...ebbene senza rimarcare il dato che in quei paesi l'architettura la fa solo l'architetto (e non anche, come da noi, l'ing, il geom , il perito edile,l'arredatore, l'imprenditore,persino la massaia, leggendo "cose di casa"), secondo me cio' significa che li la politica, negli anni, ha incentivato, attraverso meccanismi che alcuni chiamano meritocratici, determinate lauree in relazione alle realtà del mercato del lavoro, evitando di far nascere precariato e sfruttamento indiscrimainato, così come avviene initalia e qui sopra spesso denunciato...da noi una politica miope, ha dapprima furbescamente scavalcato le richieste della comunita' europea di inserimento del numero chiuso(fine anni 80) con la moltiplicazione delle università, poi la moltiplicazione dei corsi di laurea, poi il 3+2...questo ha gonfiato a dismisura il busines dell'università, ma all'uscita sempre più dolori...allora la riforma degli albi(del 2001) e infine le ultime modifiche della moratti, che, per chi si è letto attentamente il 328/01, non fa altro che portare a compimento ciò che era prefigurato nel DPR del 2001, atto di un governo di sinistra...
ed ora la liberalizzazione delle tariffe che è in riga con la realtà che noi viviamo tutti i giorni(ma quanti in italia lavorano secondi i minimi tariffari, sfruttando alla lettera quanto previsto dalla normativa?)...la realtà è questa e certe notizie e certi dibattiti andrebbero fatti leggere a chi si iscrive al primo anno, smontandogli tutti quei sogni che ha nel cassetto...siamo stati tutti presi per i fondelli con il mito della laurea e questo triste panorama non è un esclusiva degli architetti...lo vivono, forse in maniera leggermente meno drammatica anche medici, avvocati, veterinari,etc etc
e quando leggo, qui su prof arch la richiesta di abolizione di ordini , di esame di stato, sulla falsa riga di quanto c'è in altri paesi(ma non in tutti..) bisognerebbe ricordarsi che degli altri paesi bisogna prendere tutto il pacchetto, non solo l'ultima parte che ci fa comodo...nel qual caso chissà quanti di noi si sarebbero laureati..
un ultimo accenno, per chi non lo sapesse...la comunità europea ha fissato come limite di anni di laurea spendibile in sede comunitaria il numero di 4...ciò significa, e non me ne vogliano gli iunior, che la loro laurea (e relativo campo di applicazione non ancora ben chiaro...) è spendibile solo in italia...evviva la politica e i nostri politici, tutti indiscriminatamente...
ho paura che aderire ad una abolizione indiscriminata di ordini ed esame di stato(che però non sono conseguenti..) determinerebbe, nello stato di cose italiano, statisticamente quasi un potenziale tecnico a famiglia, e oggettivamente un maggior far west rispetto a quello che già viviamo...
...il problema è secondo me politico, nel senso di analizzare come una legislazione demagogica, a partire dagli anni '60 abbia determinato certi numeri che ogni tanto io qui denuncio: fine 2005, in italia sono iscritti all'ordine degli arch , pianif, paes, cons un architetto ogni 475 abitanti (Dati del ministero)..nel 2002 eravamo uno ogni 575 abit(dati CNA riportati anche dalla rivista del poli di mi), in quella sede venivano anche raffrontati con i dati del resto d'europa e la nazione che ci era più vicina era l'olanda( un arch ogni 2200 abitanti) querlla più lontana l'inghilterra (un arch ogni 7700 abit)...ebbene senza rimarcare il dato che in quei paesi l'architettura la fa solo l'architetto (e non anche, come da noi, l'ing, il geom , il perito edile,l'arredatore, l'imprenditore,persino la massaia, leggendo "cose di casa"), secondo me cio' significa che li la politica, negli anni, ha incentivato, attraverso meccanismi che alcuni chiamano meritocratici, determinate lauree in relazione alle realtà del mercato del lavoro, evitando di far nascere precariato e sfruttamento indiscrimainato, così come avviene initalia e qui sopra spesso denunciato...da noi una politica miope, ha dapprima furbescamente scavalcato le richieste della comunita' europea di inserimento del numero chiuso(fine anni 80) con la moltiplicazione delle università, poi la moltiplicazione dei corsi di laurea, poi il 3+2...questo ha gonfiato a dismisura il busines dell'università, ma all'uscita sempre più dolori...allora la riforma degli albi(del 2001) e infine le ultime modifiche della moratti, che, per chi si è letto attentamente il 328/01, non fa altro che portare a compimento ciò che era prefigurato nel DPR del 2001, atto di un governo di sinistra...
ed ora la liberalizzazione delle tariffe che è in riga con la realtà che noi viviamo tutti i giorni(ma quanti in italia lavorano secondi i minimi tariffari, sfruttando alla lettera quanto previsto dalla normativa?)...la realtà è questa e certe notizie e certi dibattiti andrebbero fatti leggere a chi si iscrive al primo anno, smontandogli tutti quei sogni che ha nel cassetto...siamo stati tutti presi per i fondelli con il mito della laurea e questo triste panorama non è un esclusiva degli architetti...lo vivono, forse in maniera leggermente meno drammatica anche medici, avvocati, veterinari,etc etc
e quando leggo, qui su prof arch la richiesta di abolizione di ordini , di esame di stato, sulla falsa riga di quanto c'è in altri paesi(ma non in tutti..) bisognerebbe ricordarsi che degli altri paesi bisogna prendere tutto il pacchetto, non solo l'ultima parte che ci fa comodo...nel qual caso chissà quanti di noi si sarebbero laureati..
un ultimo accenno, per chi non lo sapesse...la comunità europea ha fissato come limite di anni di laurea spendibile in sede comunitaria il numero di 4...ciò significa, e non me ne vogliano gli iunior, che la loro laurea (e relativo campo di applicazione non ancora ben chiaro...) è spendibile solo in italia...evviva la politica e i nostri politici, tutti indiscriminatamente...
ho paura che aderire ad una abolizione indiscriminata di ordini ed esame di stato(che però non sono conseguenti..) determinerebbe, nello stato di cose italiano, statisticamente quasi un potenziale tecnico a famiglia, e oggettivamente un maggior far west rispetto a quello che già viviamo...
Non basta solo abolire l'obbligatorietà degli ordini. E' necessaria una serie di riforme strutturali. Riporto un articolo di quasi un anno fa su no studio della Commissione Europea che contina a "bacchettarci":
Ecco cosa scriveva "il Sole 24 Ore" il 6 Settembre 2005
Visto da Bruxelles, il panorama delle professioni liberali è piuttosto sconfortante.
Qualcosa si muove in vari Paesi, soprattutto nel Nordeuropa, per modernizzare i servizi, ma molto resta ancora da fare per aumentare il tasso di concorrenza.
In particolare in Italia, Paese che ha avviato un dibattito sulla riforma delle professioni, ma al momento resta lo Stato più regolamentato in Europa dopo la Grecia.
È questa la fotografia che emerge da un check up fatto dalla Commissione europea per controllare come è cambiata la situazione dal febbraio 2004, quando pubblicò un primo rapporto, sullo stato di sei categorie ( avvocati, notai, ingegneri, architetti, farmacisti e commercialisti).
Il commissario alla Concorrenza, Neelie Kroes, ha ribadito come sia necessario tradurre in realtà l'impegno preso dai Governi di « affrontare le restrizioni anti concorrenziali nelle professioni e a dare un forte sostegno politico alle riforme » . Un contributo importante al miglioramento della competitività delle aziende europee, secondo la Kroes, può arrivare da una riforma delle professioni liberali, settore che impiega 12 milioni di lavoratori e si aggiudica circa il 3% del Pil Ue.
« Il quadro è abbastanza deludente » , ha però notato Jonathan Todd, portavoce di Neelie Kroes. Dal febbraio 2004 « solo la Danimarca, l'Olanda e il Regno Unito hanno fatto buoni progressi sul fronte delle riforme dei regolamenti » .
Todd ha ironicamente aggiunto che forse il fatto che categorie di professionisti, come gli avvocati, siano ampiamente rappresentati in molti Parlamenti nazionali non aiuta i processi di riforma.
Il rapporto di Bruxelles fa il punto sui cinque tipi di restrizioni, già analizzate nel 2004:
tariffe obbligatorie,
prezzi raccomandati,
regolamenti pubblicitari,
accesso alla professione e diritti riservati e, infine,
regolamenti per la creazione di aziende e studi multi disciplinari.
Dietro ai tre primi della classe, l'analisi pone cinque Paesi ( Francia, Germania, Irlanda, Lituania e Slovacchia) che hanno messo in atto riforme minori e danno conto di un lavoro in corso per esaminare i regolamenti esistenti. Seguono altri sei Paesi ( Austria, Estonia, Ungheria, Lettonia, Slovenia e Portogallo) che hanno attuato interventi secondari. Arrivano poi quattro ritardatari ( Italia, Belgio, Lussemburgo e Polonia) che hanno solo avviato analisi della situazione esistente, senza esibire fatti concreti. Infine un gruppo di sette Paesi che non sta mettendo in cantiere alcuna riforma, come Repubblica Ceca, Cipro, Finlandia, Grecia, Malta, Spagna e Svezia. Diverso però per Bruxelles il grado di " colpevolezza": ad Atene le professioni sono le più regolamentate d'Europa e necessiterebbero — come in Italia— di urgenti riforme, mentre in Finlandia pochi sono gli ostacoli.
Nel caso dell'Italia il rapporto sottolinea, tra l'altro, l'esistenza di tariffari fissi per i notai ( insieme ad altri 11 Paesi) e osserva che il Governo riconosce la necessità di abolire restrizioni all'accesso della professione per commercialisti, ingegneri, farmacisti, avvocati e architetti.
Lo studio sottolinea anche che cinque Stati membri ( tra cui l'Italia) hanno cambiato in modo " sostanziale" le restrizioni sulla pubblicità, ma punta il dito sul fatto che il nostro Paese abbia adottato non più tardi dell'aprile 2004 nuovi tariffari minimi e massimi per gli avvocati e stia rivedendo quelli per ingegneri e architetti.
Resta da capire quale sia la volontà e le possibilità di Bruxelles di intervenire in concreto sugli Stati. Da parte di funzionari di Kroes si è messo l'accento sull'azione che deve essere svolta dal network delle autorità antitrust nazionali. L'Antitrust europeo ha, poi, anche avviato un'azione nei confronti delle barriere anti concorrenziali poste dagli architetti in Belgio.
Altre offensive sono state condotte in luglio dalla Direzione generale Mercato interno della Commissione, con l'invio di due lettere di messa in mora all'Italia, per le barriere poste a professionisti stranieri dai tariffari obbligatori imposti ad architetti, ingegneri e avvocati.
Ecco cosa scriveva "il Sole 24 Ore" il 6 Settembre 2005
Visto da Bruxelles, il panorama delle professioni liberali è piuttosto sconfortante.
Qualcosa si muove in vari Paesi, soprattutto nel Nordeuropa, per modernizzare i servizi, ma molto resta ancora da fare per aumentare il tasso di concorrenza.
In particolare in Italia, Paese che ha avviato un dibattito sulla riforma delle professioni, ma al momento resta lo Stato più regolamentato in Europa dopo la Grecia.
È questa la fotografia che emerge da un check up fatto dalla Commissione europea per controllare come è cambiata la situazione dal febbraio 2004, quando pubblicò un primo rapporto, sullo stato di sei categorie ( avvocati, notai, ingegneri, architetti, farmacisti e commercialisti).
Il commissario alla Concorrenza, Neelie Kroes, ha ribadito come sia necessario tradurre in realtà l'impegno preso dai Governi di « affrontare le restrizioni anti concorrenziali nelle professioni e a dare un forte sostegno politico alle riforme » . Un contributo importante al miglioramento della competitività delle aziende europee, secondo la Kroes, può arrivare da una riforma delle professioni liberali, settore che impiega 12 milioni di lavoratori e si aggiudica circa il 3% del Pil Ue.
« Il quadro è abbastanza deludente » , ha però notato Jonathan Todd, portavoce di Neelie Kroes. Dal febbraio 2004 « solo la Danimarca, l'Olanda e il Regno Unito hanno fatto buoni progressi sul fronte delle riforme dei regolamenti » .
Todd ha ironicamente aggiunto che forse il fatto che categorie di professionisti, come gli avvocati, siano ampiamente rappresentati in molti Parlamenti nazionali non aiuta i processi di riforma.
Il rapporto di Bruxelles fa il punto sui cinque tipi di restrizioni, già analizzate nel 2004:
tariffe obbligatorie,
prezzi raccomandati,
regolamenti pubblicitari,
accesso alla professione e diritti riservati e, infine,
regolamenti per la creazione di aziende e studi multi disciplinari.
Dietro ai tre primi della classe, l'analisi pone cinque Paesi ( Francia, Germania, Irlanda, Lituania e Slovacchia) che hanno messo in atto riforme minori e danno conto di un lavoro in corso per esaminare i regolamenti esistenti. Seguono altri sei Paesi ( Austria, Estonia, Ungheria, Lettonia, Slovenia e Portogallo) che hanno attuato interventi secondari. Arrivano poi quattro ritardatari ( Italia, Belgio, Lussemburgo e Polonia) che hanno solo avviato analisi della situazione esistente, senza esibire fatti concreti. Infine un gruppo di sette Paesi che non sta mettendo in cantiere alcuna riforma, come Repubblica Ceca, Cipro, Finlandia, Grecia, Malta, Spagna e Svezia. Diverso però per Bruxelles il grado di " colpevolezza": ad Atene le professioni sono le più regolamentate d'Europa e necessiterebbero — come in Italia— di urgenti riforme, mentre in Finlandia pochi sono gli ostacoli.
Nel caso dell'Italia il rapporto sottolinea, tra l'altro, l'esistenza di tariffari fissi per i notai ( insieme ad altri 11 Paesi) e osserva che il Governo riconosce la necessità di abolire restrizioni all'accesso della professione per commercialisti, ingegneri, farmacisti, avvocati e architetti.
Lo studio sottolinea anche che cinque Stati membri ( tra cui l'Italia) hanno cambiato in modo " sostanziale" le restrizioni sulla pubblicità, ma punta il dito sul fatto che il nostro Paese abbia adottato non più tardi dell'aprile 2004 nuovi tariffari minimi e massimi per gli avvocati e stia rivedendo quelli per ingegneri e architetti.
Resta da capire quale sia la volontà e le possibilità di Bruxelles di intervenire in concreto sugli Stati. Da parte di funzionari di Kroes si è messo l'accento sull'azione che deve essere svolta dal network delle autorità antitrust nazionali. L'Antitrust europeo ha, poi, anche avviato un'azione nei confronti delle barriere anti concorrenziali poste dagli architetti in Belgio.
Altre offensive sono state condotte in luglio dalla Direzione generale Mercato interno della Commissione, con l'invio di due lettere di messa in mora all'Italia, per le barriere poste a professionisti stranieri dai tariffari obbligatori imposti ad architetti, ingegneri e avvocati.