dan_ark : [post n° 257531]

TOGLIETEMI UN DUBBIO

io mi trovo a fare un progetto di un centro commerciale e fin qui tutto bene, ah che fico e vai adesso mi diverto ecc.....poi però il risultato finale dovrà essere quello pensato da un'altra persona (titolare dello studio), che ti dice a bè i prospetti copiali da questo file, le piante da quest'altro ecc.. io a questo punto mi trovo completamente bloccato e dubbioso, perchè non capisco più il significato di cosa vuol dire fare progettazione...e soprattutto da una parte penso che è meglio fare un collage dei vari file piuttosto che mettersi a fare un progetto ex-novo a mio gusto, tanto il risultato finale il tipo (il titolare) lo ha già in mente...mentre dall'altra parte, ovvero con l'animo più da progettista mi dico che è meglio fare il progetto ex-novo e smontare pezzo per pezzo la banalità che il tipo mi vorrebbe far fare....
voi che ne pensate di questa situzione, che corrente scegliere e soprattutto capita solo a me questa cosa o succede anche a voi, almeno mi consolo?
un saluto
Edoardo :
I D E M
Io sono (ero) nella stessa situazione:
palestre - capannoni;
case - caserme;
capannoni - capannoni.
e le "invenzioni"... ...a cura del prefabbricatore, il resto copia incolla.
Ma malgrado ciò qualcosa ho fatto.
A breve pare debba fare un centro commerciale, riprendendo e raddoppiando un vecchio progetto.
Ho 2 opzioni:
1 - Riprendere il mio a padiglioni concentrici con ristorante sul tetto (ebbi addirittura l'ok del prefabbricatore);
2 - Riprendere il ferro di cavallo coi portici sotto (Anni '50)partorito dopo l'intervento a mannaia del Capo dei Capi (Ingegnere), che forse però ha apprezzato il mio.
Vediamo anche il budget dei clienti...

Nel nostro caso bisogna proporre ma anche ascoltare presunti pseudo-progettisti... ...poichè spesso la logica del mercato è dalla loro parte. Ma non sempre e noi dobbiamo lavorare su quel "Non sempre".
kia :
Io sono dell'opinione che comanda chi firma. Triste ma è così. Quando farò un progetto mio che firmerò io farò quel che mi pare, ma fintanto che lavoro per un altro nn posso ribellarmi a questa logica....Per fortuna che dove lavoro ci occupiamo prevalentemente di cose in centro storico e nn di centri commercali quindi riesco a mettere anche del mio magari nei dettagli ma soprattutto nn si può fare copia-incolla perchè sono tutti casi particolari e unici, ma posso immaginare cosa sia fare il collage di piante e prospetti ....penso che a lungo andare faccia anche abbastanza tristezza.
Edoardo :
Comanda chi firma ma firma grazie a chi non firma... ...e chi non firma ha il diritto di plagiarlo! ih ih!
Poi comanda chi ha i soldi (cliente) e se conquisti il cliente è fatta (pure se non firmi).
sissi :
Se è un centro commerciale medio grosso non è nemmeno il titolare dello studio a progettare ma la direzione tecnica/ servizi immobiliari del centro commerciale, il titolare dello studio anche se figura come progettista a tutti gli effetti in realtà ha la funzione di mettere insieme i vari pezzi che provengono da professionisti diversi che lui stesso coordina cercando di contenere i costi: dagli strutturisti agli impiantisti, dalla società che "arreda" i vari negozi a chi si occupa di segnaletica e via dicendo;
Dietro la progettazione di un centro commerciale c'è tutto un meccanismo fatto di standardizzazione che poco ha a che fare con la progettazione come la intendi tu (e anch'io). E' la direzione tecnica del centro commerciale che propone soluzioni progettuali standardizzate fatte di elementi prefabbricati, che si ripropongono nei diversi punti vendita, da qui il "copia e incolla" da un file all'altro. E poi tieni presente che è importantissimo il numero di posti auto, più posti auto= più guadagno (non x te però) quindi preparati a passare settimane intere a contare e numerare parcheggi, i quali saranno sempre pochi x il tuo capo e tu dovrai cercare di far saltar fuori tanti piccoli posti auto in tutti i ritagli di spazio e i tuoi amici che andranno a fare la spesa si lamenteranno che ci sono dei posti auto troppo piccoli e che non trovano mai l'uscita dal parcheggio. Buon divertimento!
dan_ark :
per il momento è andata così..ho espresso la mia contrarietà in modo quasi diretto (questa è la mia natura a torto o a ragione) e la risposta è stata: bè tranquillo..fammi una stampa delle cose copia-incolla e vedo un'attimo cosa si può fare..comunque per la cronaca i parcheggi sono già stati calcolati, per quanto riguarda la struttura sarà in c.a ma non precompressa, quindi sarà fatta in opera visto che comunque è un centro piccolo..poi la direzione tecnica.....cosà? ma chi la vede....!! poi penso che edoardo abbia ragione sul fatto che chi timbra lo fa grazie a chi non timbra...e poi un'altra cosa tornando al discorso di sopra, visto che lui-capo) sarà il progettista e d.ll e che, prenderà tutti i meriti e demeriti...e soprattutto una corposa parcella...sarà lui a fare lo sforzo di produrre qualcosa...almeno in termini di schizzi.. quindi gli ho lasciato l'incombenza del copia-incolla sai come si divertirà...io in queste circonstanze preferisco essere un semplice disegnatore
un saluto
Edoardo :
L'ideale sarebbe fare come James Wines (S.I.T.E. - New York) che ebbe l'incarico di realizzare negli U.S.A. dei primi anni '70 i famosi centri commerciali della BEST Products Company... ...più erano originali meglio era!

http://artiseverywhere.files.wordpress.com/2007/11/best_05.jpg?w=500

http://farm4.static.flickr.com/3619/3360513808_f68c878e3a.jpg

http://4.bp.blogspot.com/_MgQ5mHQZkhA/TOfpNl4sFNI/AAAAAAAAE1Q/5IYImB…

http://farm4.static.flickr.com/3429/3359682145_f0b3933960.jpg

...poi ce n'è uno in cui, nell'orario d'apertura, si apre letteralmente un angolo del fabbricato (su rotaie) e svela l'ingresso... ...ma non lo trovo... ...poi adesso dobbiamo DE-CRESCERE, basta.
desnip :
Ma se la copiosa parcella alla fine se la prende lui chi te lo fa fare a sprecare le tue preziose idee?
Limitati a fare il disegnatore come vogliono i titolari (chè tanto la paga è quella) e conserva le tue idee per quando potrai fare TUOI progetti. (ti auguro il più presto possibile)
dan_ark :
perfetto.....desnip...infatti già la pensavo in questo modo e adesso sono ancora più convinto e che allora non ho nulla di anormale...anzi la mia repulsione verso tipi di gente (cioè pseudo professionisti) che hanno in mente solo la logica del guadagno, anche se poi è il motore di tutto, è pianamente giustificata....i non professionisti sono loro e non io (noi). poi forse un giorno quando la logica del guadagno avrà preso il sopravvento anche su me (speriamo il più tardi possibile) allora capirò il loro modo di fare, ma a quel punto non farò più l'architetto ma il commerciante.....
e.c. :
Alle volte, nei colloqui di lavoro, bisogna portare con sé una cosa chiamata portfolio. È per vedere come lavori, ti dicono. Al che uno si preoccupa, io mi preoccupo, …perché mi rendo conto che sono (solo) un architetto e non un “renderista” figo.
Ma loro ti dicono quella frase in un modo tale, te la rigirano così bene che ti fanno pensare ad un interesse legato esclusivamente al tuo modo di fare architettura, …al mio modo di fare architettura. Vogliono una testa pensante, evviva!, un elemento che possa contribuire al progresso dello studio tramite un apporto di idee (nuove).
Poi uno inizia a lavorare e col passare dei giorni comprende che “quello stile lì”, quello dello studio, quella sua architettura, be’, proprio non ci piace.
Ma che si fa? Si danno le dimissioni? Si dice al titolare «no, grazie, non è scoccata la scintilla»? Ce lo possiamo permettere? È per questo che io preferisco essere un umile manovale. Una macchina da piante, sezioni e prospetti e abbozzi di render. Un braccio umano con ritmi di produzione “meccanici”. Se lo studio dice di “fare così”, bisogna “fare così”. È mettendosi in proprio che si ha la completa libertà. Con più rischi, ovviamente.
Edoardo :
e.c., io ho sempre lavorato come dipendente e collaboratore apportando le mie idee e "facendo" i progetti. Solo così mi sono conquistato il rispetto.
La tua visione nichilista, volutamente paradossale, tradisce un disagio e la tua rassegnazione a superarlo.
Ti auguro di superarla e di non rassegnarti, perchè anche nella merda può nascere un fiore (anche se puzzerà un pò, ma solo all'inizio).
e.c. :
Edoardo tu hai avuto successo (probabilmente) ANCHE perché il tuo datore di lavoro aveva una certa affinità con te, per quel che riguarda le idee, i gusti e i modi di “fare architettura”. O magari solo perché gli eri semplicemente simpatico e provava ammirazione per te. Anche con questi fattori ci si guadagna il rispetto.
Ma se sei costretto a lavorare in uno studio dove non condividi quasi nessuna delle scelte del tuo titolare, ai voglia a dire «do il mio contributo “diversificato”». È il classico esempio della moglie che è convinta di poter trasformare il proprio marito in un uomo diverso.
All’interno di uno studio, ci sono delle scelte che possono non piacerci. Ma vanno fatte e soprattutto MESSE IN PRATICA, perché quella è la linea dello studio. E se i tentativi per far emergere i difetti di questa linea sono fallimentari, tanto vale rinunciare. Bisogna avere più rispetto delle idee dei nostri “capi”. Vogliono rovinarsi? Sono più sicuri se scelgono una via piuttosto che un’altra? Non mi stanno a sentire? Amen. Lo studio è loro ed è giusto che loro, VAGLIATE TUTTE LE POSSIBILITÀ (sempre che ne abbiano voglia, di vagliarle), prendano le LORO decisioni. Al massimo, come dicevo prima, potremo esporre il nostro punto di vista, ma pretendere che questo venga condiviso è ben altra cosa.
Se vogliamo essere (quasi) completamente liberi, allora l’unica soluzione è mettersi in proprio, e dire NOI AGLI ALTRI cosa deve o non deve essere fatto. Ma questa è una scelta che comporta anche moltissimi rischi, ovviamente.
Edoardo :
e.c.

Guarda, io ho cominciato ad avere stima di me stesso proprio quando ho cominciato a farmi apprezzare da gente completamente diversa da me, antipodica.
All'inizio è stato traumatico, poi, chiudendomi la mente, me la sono aperta.
C'è una realtà diversa che è invece importante fare propria per completarsi, per superarsi.
Non è come vedere un tetto scintillante di un edificio finito... ...ma è piuttosto un gettare le fondamenta della nostra maturità professionale e di uomini (il nostro edificio). E questo richiede un grosso sforzo per superarsi, ma senza snaturarsi.
Te lo scrive uno che lavora con Ingegneri e Geometri e che da molte piccole cose ha capito di non aver buttato degli anni.
Credere di rendersi impermeabili è peggio, assimilare quotidianamente senza subire è la strada.
e.c. :
Edoardo,

io non parlo di autostima, bensì di una cosa che può accadere in qualsiasi ambiente di lavoro. Rimanendo nel nostro, di campo, …quante volte ci sarà capitato di non condividere le scelte progettuali del nostro datore di lavoro (specialmente se ingegnere, aggiungo io)?
Si può continuare ad essere delle persone perbene, cioè delle brave persone dotate di una ragionevole quantità di autostima, anche se non si condividono le idee di un amico. Figuriamoci quelle di un capo.
Ora, quando il problema si presenta, l’unica cosa che si può fare è esporre il proprio punto di vista, cercando di far emergere quelli che sono i difetti e gli effetti di una determinata scelta. Ma più in là, non si può andare. O il tuo capo recepirà gli appunti, in parte o in toto, oppure li casserà. È un suo diritto.
Quindi il capo farà la scelta e a questo punto saremmo noi a dover fare le nostre. O agire, e bene, ma di controvoglia (magari andandosi a “sfogare” la sera sul sito di professionearchitetto), oppure, come dici tu, si cerca di chiudere la mente…per poi riaprirla…per poi maturare come uomo-architetto di sé stesso.
Ma sia in un caso che nell’altro, dovrai sempre disegnare quello che ti dice il capo.

Edoardo :
e.c.

Più o meno è così, ma è come aver scoperto l'acqua calda.

L'alternativa è avere i soldi per mettersi in proprio, le conoscenze per lavorare... ...e la macchina del tempo per tornare all'Età dell'Oro in cui c'era tanto lavoro (fa pure rima).
Sennò Brasile-Cina... oppure cambiare completamente settore.
Io i compromessi ho imparato ad accettarli (senza rassegnarmi) perchè il lavoro e la vita SONO compromessi, e lo sono anche per i titolari.
Se ti metti in proprio, ammesso che lo Spirito Santo ti dia OGGI un progetto a te, non potrai certo imporre le tue scelte, lo farai in parte forse.
Ci siamo illusi? E' probabile.
Prova a non disegnare più, fai vedere che hai disimparato: se ti cacciano ti togli un peso, se si pongono domande ti fai valere. O sei assunto?
e.c. :
Edoardo, lo so che quello che ho detto è la scoperta dell’acqua calda (anche io, tra l’altro, avevo suggerito l’alternativa del mettersi in proprio…cioè dell’altra acqua calda). Però il post in questione e le informazioni che mi provengono dal mondo degli studi di progettazione presentano delle affinità: grande ricerca della massima produttività, cioè “li sordi”, anche a scapito di buone idee e di una certa libertà creativa, e grandi lavori di copia-incolla. Se va bene una volta, va bene mille altre volte.
Allora il mio discorso è semplice: mettersi l’animo in pace. Il che non vuol dire non venire qui a sfogarsi, (al contrario, è un piacere leggere i nostri sfoghi), significa solo: resistere!
Se ti metti in proprio, cioè se hai i soldi per metterti in proprio, rinunciando quindi allo stipendio fisso del capo, avrai pure delle limitazioni, ma saranno prevalentemente di carattere economico. E se anche fosse che queste limitazioni riuscissero ad avere degli influssi malefici sulle scelte progettuali, avresti comunque una libertà (creativa) che in studio potresti non avere. Perché comunque le idee che metti in gioco sono LE TUE, e non quelle del capo (anche se, magari, potreste arrivare entrambi alle stesse soluzioni!). Più libertà, dunque, più responsabilità…pagata a peso di rischio, un po’ come la legge della giungla.
Ora, tutti questi discorsi, come già detto, sono come l’acqua riscaldata e riscaldata e riscaldata mille volte. Però, se c’è gente che si lamenta sempre delle stesse cose, ci sarà un motivo, o no?
Evidentemente c’è un’insofferenza che noi architetti non riusciamo ancora a sopportare, SALVO ECCEZIONI (che potrebbero essere moltissime).
A questo punto Brasile (ci credo poco) o Cina (interessantissimo!). Ma se in studio, adesso, con la crisi che c’è, con le pretese che hanno (chiedono solo gente preparatissima o novelli laureati), gli dicessi che ho disimparato a disegnare, sarebbe la fine.
Edoardo :
Sarebbe la fine.... ....o l'inizio.
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