Edoardo : [post n° 359852]

La Volpe e l'uva, ovvero "son caduto da cavallo ma tanto volevo scendere".

Continuo qui per non andare O.T. là. Leggevo da fulser che la causa della fine dell'architetto è la sua dimensione intellettuale. Rispondo NO, la causa sono 150.000 architetti in un paese dove chiunque può firmare progetti, dove non c'è più domanda e dove non c'è una cultura del progetto. L'ambiente dove lavora fulser evidentemente è già in esubero rispetto alla domanda di architettura (come quello dove lavoro io) e ci si deve arrangiare per campare. Tuttavia io non faccio di necessità virtù, la virtù è in ben altro.
Per me è pura ipocrisia fare di necessità virtù quando si ha una cultura che ben si differenzia, con i suoi pregi e difetti (o almeno dovrebbe), da quella di un tecnico qualsiasi, geometra o elettricista che sia... o di un tecnico laureato come un ingegnere.
E la cultura non è una somma di nozioni ma un qualcosa che permea il nostro essere e ci forma, financo a viziarlo o ad elevarlo. Triamo fuori la testa dalla sabbia e non facciamo come la volpe... ...perchè l'uva è buona, è lì per noi e sappiamo perfettamente che qualcuno come noi se la può mangiare e qualche collega se la mangia, ovvero può fare questo lavoro.
Chi oggi ha perso qualsiasi ideale per me è un fallito come architetto, a differenza di chi si arrangia ma ha un riferimento forte che lo porterà a fare questo lavoro a 360°, espletando attività tecniche MA sempre in relazione all'attività intellettuale della progettazione.
Quella progettazione che è anzi il vero plus della nostra professione e che ci distingue dal resto.
fulser :
urca, quale onore, addirittura citata!
Ebbene, pensa che nonostante la mia frequentazione dell'università risalga al paleolitico, quando ancora il numero degli architetti era già alto ma non come ora, era già chiaro allora a tutti che gli architetti in Italia erano troppi.
Quindi, dire che la causa sono i 150000 non è una novità per me, e credo per nessuno. Se poi vuoi approfondire, allora approfondiamo (per quanto si possa fare qui velocemente): un laureato che PRETENDE di essere chiamato DOTTORE (dando rilievo a quel famigerato valore "legale" del titolo che tanto fa ridere gli stranieri) e si auto-definisce (NON perchè lo sia, ma perchè ritiene che gli sia dovuto per il suo titolo di studio) "intellettuale", beh, quello non merita rispetto, e infatti viene deriso appena mette piede in cantiere.
Tu forse stai parlando di una figura di architetto molto romantica, alla Leon Battista Alberti, che per carità esiste e quando c'è è anche molto rispettata, ma non è la norma, purtroppo (e come in tutti gli ambienti basta una mela marcia - o acino marcio, vedi tu- per contaminare tutto l'ambiente). Ma soprattutto non è detto che definisca un architetto. Non voglio togliere niente alla sacralità della figura del "vero" architetto. Ci sono dei personaggi che tutti conosciamo e che per me sono dei mentori, e nella realtà dei fatti sono effettivamente degli intellettuali, ma se ne incontrassi uno per la strada non mi sognerei neanche morta di appellarlo "intellettuale" per questo: dai pochi che ho conosciuto personalmente (e che meritavano tale definizione) credo che neanche loro vorrebbero. La parola architetto ha per me un tale sacro valore che uno dei motivi per cui non lo sono è proprio perchè non mi ritengo all'altezza di tale definizione, e ti assicuro non si tratta di volpi e uva, ma di rispetto per una professione abusata. Non metto in dubbio che tu o altri in questo forum siate perfettamente in grado di fare bene questo mestiere (Magistretti mi pare disse che l'architettura è mestiere), ma partire dal presupposto di DEFINIRSI (non ESSERE) intellettuali, no, non ci sto. E' mancanza di umiltà, e non ha niente a che fare con il non avere ideali e con il fare bene il proprio lavoro. Ed è un lavoro che ha il grande privilegio di confrontarsi con la TECNICA, come dice il suo stesso nome, e qui sta parte della sua grandezza.
Comunque, ti dirò, questa discussione non ha neanche tanto senso, adesso che ci penso, perchè alla fine mi sa che diciamo le stesse cose: l'unica differenza è che secondo me l'appellativo di intellettuale uno deve meritarselo; è come per i poeti: a tutti capita di scrivere poesie una volta nella vita, ma da qui a definirsi da soli poeti ce ne passa. Ed è con questi personaggi che ce l'abbiamo, noi tecnici, mica con te.
Edoardo :
Sì, il quid è nell'interpretazione che diamo di "intellettuale". Se intendi Eco ti do ovviamente ragione... ma nella accezione più ampia di "figura intellettuale" c'è il senso (condivisibile o meno) delle mie osservazioni. Tutto ciò che è umanistico fa parte dell'intelletto, altresì l'elevazione della Tecnica è la Scienza e nel nostro campo immagino la ricerca di Pierluigi Nervi). Il compito dell'architetto SECONDO ME è quello di trovare le migliori soluzioni per l'uomo attraverso la tecnica ma anche attraverso un processo intellettuale che coinvolga altri aspetti, sociali, sensuali, percettivi e fruitivi. Questo, generalmente, viene totalmente IGNORATO da chi ha SOLO una formazione tecnica. In questo è il nostro valore e questo dovrebbe essere il nostro faro sempre. Non sempre è possibile ed allora si fa altro. Io faccio altro e forse non potrò più nemmeno restare così, ma questa convinzione/aspirazione rimarrà sempre quello che sono.
fulser :
Quanti ne nascono di Nervi? 3, 4 al secolo?
Ricordo un documentario sui funerali di Pasolini, con Moravia che urlava qualcosa del tipo "era un poeta e ne dobbiamo avere rispetto, di poeti ne nasce uno in un secolo"....
Trovare le migliori soluzioni per l'uomo attraverso la tecnica non è prerogativa nè dell'intellettuale nè dell'architetto, ma anche di tutte le professioni, se fatte bene.
Questo mi riporta alla mente una cosa a cui pensavo qualche giorno fa, in merito ad un altro post sui mestieri che avremmo voluto fare, o qualcosa del genere. Il guaio della facoltà di architettura è che POTREBBE darti fin troppe informazioni, se fatta bene: storia, aspetti sociali, materie scientifiche, tecnologia, strutture, restauro, economia, estimo, .... alla fine potresti avere una formazione a 360° che forse nessuna facoltà ti può dare. Il problema è che di tutti questi aspetti è difficile saperne almeno uno veramente bene: in 5 anni rieci ad avere appena una infarinatura di tutto (ecco perchè ritengo che la triennale in architettura sia una rovina). E qui nasce IL grande equivoco: in effetti se ci pensi chi ha studiato architettura (e si vedeva anche dalle risposte date in quel post) ha spesso una dote od una aspirazione tecnica (di base manuale) che poi certe volte viene esaltata (o anche rovinata, nel caso della mia citazione dell'intellettuale) dalla preparazione "teorica" data dalla facoltà.
Il nostro faro? Certo, Nervi (o chi per lui) può essere il nostro faro, ma vedere in Nervi (o chi per lui) il nostro faro non fa degli architetti degli intellettuali.
C'era una bellissima frase sulle facoltà di architettura di De Finetti, scritta circa 70 anni fa..... se la trovo la posto.
Edoardo :
Utilizzi il termine "intellettuale " ancora a tuo piacimento per sostenere la tua tesi a prescindere da quello che ho scritto. Forse siamo tutti riciclati e darsi ad altri mestieri non è poi così male da quanto leggo. Io nella mia carriera, nel mio piccolo, ho dimostrato di valere non per le nozioni tecniche ma per qualità frutto in buona parte della mia formazione. Non è rinnegando le facoltà che si diventa esperti tecnici... anche perché i tecnici di formazione spesso non rinnegato i propri studi. Forse serve per autoconvincersi questo, piuttosto. Mah.
fulser :
certo che uso il termine a mio piacimento, esattamente come fai tu; e certo, non c'è niente di male a riciclarsi, anzi, è la stessa formazione che lo permette (e dove hai letto che rinnego questi studi? nessuno lo rinnega, anzi mi considero una privilegiata per avere avuto questa opportunità, e per averli presi per quello che sono). A me danno fastidio quelli che vogliono fare A TUTTI I COSTI "il mestiere per cui hanno studiato" da dipendenti in uno studio, nel senso "intellettuale" che io gli do, senza rendersi conto della fortuna che hanno (se la formazione è stata quella che avrebbe dovuto essere) di poter fare decine di mestieri tutti diversi, e usando le proprie competenze nel senso "intellettuale" che intendi tu.
Non so se mi sono spiegata. E con questo amen.
Edoardo :
Lo usi male, se vuoi continuare la discussione che ho iniziato, è come rispondere in tedesco a uno che ti fa una domanda in francese. "Non c'è niente di male a riciclarsi" certo... ma non ammettere che lo si fa per necessità è da ipocriti... ...e non c'è neppure nulla di male ad avere aspirazioni/ambizioni. Semmai il male è proprio la mancanza di sincerità. Buona giornata.
ponteggiroma :
Mie aspirazioni in ordine di importanza:
Famiglia
Salute
Essere chiamato da clienti sicuri che io, in qualità di tecnico specialista, sono in grado di risolvergli i problemi altrimenti insormontabili e sentirmi dire grazie per avermi aiutato alla fine.
Stare al pc per ore ed ore a “progettare” senza accorgermi che il tempo passa
Ascoltare buona musica
Viaggiare
Qualche hobby nel tempo libero (poco)
Mangiare bene
E tutto questo, posso garantire dal più profondo della mia coscienza, non ho mai pensato di farlo per necessità, ne tanto meno per ripiego, ma perché l’ho da sempre cercato.
Ma tutto è soggettivo...soprattutto se si parla di aspirazioni
biba :
Scusa Edoardo, ma sei un po' spocchiosetto, forse hai avuto una brutta giornata! Non è che tu sia nella posizione di poter decidere chi fa cosa per quale motivo, chi è sincero e chi è un ipocrita e chi usa i termini nel modo sbagliato. Se tu ti senti un intellettuale e ti tocca fare il tecnico per mangiare, e se ciò ti fa sentire frustrato, va bene (se va bene a te), ma la cosa non deve per forza valere per l'universo intero.
Edoardo :
Aridaje co sto intellettuale!!! Vabbè, parliamo di pere e fichi che ci si diverte di più.
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