Salve a tutti,
sono un giovane architetto e da anni ho lavorato sempre come dipendente in varie società mai come libero professionista.
Attualmente ho un contratto di apprendistato al termine del quale avrò un indeterminato.
Tuttavia, a parte di quello che è il mio lavoro base, ho trovato nell'ultimo periodo parecchi lavoretti extra (presentazione di pratiche, progetti etc).
Il mio problema principale è che ad oggi non saprei come farmi pagare e ho pensato alla ritenuta di acconto (che ha come limite annuale se non erro 5000€).
A parte questa opzione, ce ne sono altre che non sia la gestione separata?
Grazie in anticipo.
Nicola : [post n° 432707]
Ritenuta d'acconto
Se presenti pratiche edilizie devi avere per forza partita iva e fatturare, non puoi utilizzare la ritenuta d'acconto per attività professionali.
Potresti indicarmi la normativa dove è descritto questo punto?
A me risulta che per presentare una pratica, dunque per ricoprire la figura di "progettista incaricato", ho necessità del solo incarico scritto del committente.
Non viene mai fatto riferimento all'obbligatorietà del compenso economico e, qualora fosse obbligatorio, non capirei il motivo per il quale debba essere per forza una partita IVA.
Ho invece l'obbligatorietà dell'assicurazione professionale.
A me risulta che per presentare una pratica, dunque per ricoprire la figura di "progettista incaricato", ho necessità del solo incarico scritto del committente.
Non viene mai fatto riferimento all'obbligatorietà del compenso economico e, qualora fosse obbligatorio, non capirei il motivo per il quale debba essere per forza una partita IVA.
Ho invece l'obbligatorietà dell'assicurazione professionale.
Ora non so darti riferimenti normativi, ma se fai una ricerca qui sul forum troverai sicuramente qualcosa perchè se ne è parlato un milione di volte.
Confermo quando detto da @eli71, sulla base di un consulto diretto dell'ordine di Roma: per prestare prestazioni quali, ad esempio, la presentazione di pratiche edilizie, è richiesto l'esercizio di una "attività professionale abituale", la quale non è certamente ricompresa in quella di lavoratore occasionale.
In primo luogo, per l'esercizio della professione, sono obbligatorie l'abilitazione professionale e l'iscrizione all'ordine. Senza il primo di questi requisiti, non ci si può nemmeno definire architetti, ma semplici laureati in architettura. In seconda istanza occorrono Partita IVA da architetto, assicurazione professionale ed iscrizione ad Inarcassa.
Ciò premesso, non è possibile effettuare prestazioni occasionali per quanto contempla la propria professione. Diverso sarebbe, se, e solo se, ad esempio, a titolo non continuativo, ti occupassi di scrivere per riviste di informatica (un settore a caso).
Ciò premesso, non è possibile effettuare prestazioni occasionali per quanto contempla la propria professione. Diverso sarebbe, se, e solo se, ad esempio, a titolo non continuativo, ti occupassi di scrivere per riviste di informatica (un settore a caso).
no, ma vogliamo parlare di tutti quelli che continuano a insistere a fare prestazioni occasionali anche se sono 15 anni che si urla ovunque che è vietato? no, devono avere ragione loro per risparmiare sulle tasse.
scemi quelli che pur di lavorare tengono partita iva aperta e pagano le tasse e inarcassa, quando sarebbe così facile PUF farsi la bella prestazioncina.
poi il nervoso verso chi degrada la propria prestazione a "lavoretti": non vi meritate di avere un giro di committenza, ma proprio no.
vi meritate solo controlli di finanza e entrate!
scemi quelli che pur di lavorare tengono partita iva aperta e pagano le tasse e inarcassa, quando sarebbe così facile PUF farsi la bella prestazioncina.
poi il nervoso verso chi degrada la propria prestazione a "lavoretti": non vi meritate di avere un giro di committenza, ma proprio no.
vi meritate solo controlli di finanza e entrate!
Condivido apertamente il pensiero dei colleghi, vivendo le stesse situazioni di "disparità" dovuta a chi rispetta le regole (ed il buon senso oltre che la fantomatica deontologia) e chi no.
Mi sorge a questo punto una domanda (rivolgendomi a chi come l'autore del post sembra talvolta ignaro): ma davvero non conoscete le norme che ci riguardano come professionisti (grave mancanza), oppure perdurate nella speranza che non vi sia mai un controllo o che questi non si dovuto (dolo assoluto)?
Non per polemizzare, affatto, ma per comprendere poichè come sempre la "legge" pare un punto di vista...
Mi sorge a questo punto una domanda (rivolgendomi a chi come l'autore del post sembra talvolta ignaro): ma davvero non conoscete le norme che ci riguardano come professionisti (grave mancanza), oppure perdurate nella speranza che non vi sia mai un controllo o che questi non si dovuto (dolo assoluto)?
Non per polemizzare, affatto, ma per comprendere poichè come sempre la "legge" pare un punto di vista...
Al di là delle questioni fiscali, che non sempre tutti approfondiscono (anche se dovrebbero, almeno al livello minimo necessario per lavorare legalmente), trovo più agghiaccianti alcune lacune che emergono dalla lettura di numerosi post. Lacune a livello deontologico e/o professionale. Lacune su temi basilari per poter svolgere la professione.
Probabilmente la colpa è del sistema che, partendo dall'università, arrivando all'iter abilitativo, non partorisce professionisti, ma tuttologi infarciti di teoria. Il problema nasce da un processo formativo che porta all'esercizio professionale abbastanza agevolmente e senza una selezione efficace tra realmente abili e inabili.
Io stesso ho superato l'esame di stato con le medesime superficiali competenze maturate durante gli studi e senza una benchè minima esperienza lavorativa pregressa. E' un po' come a scuola guida; il giorno che si mette la patente nel portafogli, non si può certo dire di essere in grado di guidare un'auto. E credetemi che non mi sento in colpa per questo, solo perchè, di mia iniziativa ed a mie spese (non solo economiche), ho sempre ragionato nell'ottica di documentarmi, imparare e colmare il mio deficit. Diversamente sentirei di rappresentare un pericolo per la committenza (e per me stesso) ed un immeritevole concorrente per i i colleghi "là fuori".
Trovo aberrante che ci sia chi, nel più totale menefreghismo, si catapulti nella professione senza la minima percezione di inadeguatezza e senza porsi problematiche di alcun genere.
Tutto questo, per dire che, in fondo, se abbiamo professionisti abilitati che, in realtà, non sono in grado di svolgere la professione, c'è poco da stupirsi se ci sono laureati che misconoscono i più basilari concetti che regolano il mercato del lavoro.
Probabilmente la colpa è del sistema che, partendo dall'università, arrivando all'iter abilitativo, non partorisce professionisti, ma tuttologi infarciti di teoria. Il problema nasce da un processo formativo che porta all'esercizio professionale abbastanza agevolmente e senza una selezione efficace tra realmente abili e inabili.
Io stesso ho superato l'esame di stato con le medesime superficiali competenze maturate durante gli studi e senza una benchè minima esperienza lavorativa pregressa. E' un po' come a scuola guida; il giorno che si mette la patente nel portafogli, non si può certo dire di essere in grado di guidare un'auto. E credetemi che non mi sento in colpa per questo, solo perchè, di mia iniziativa ed a mie spese (non solo economiche), ho sempre ragionato nell'ottica di documentarmi, imparare e colmare il mio deficit. Diversamente sentirei di rappresentare un pericolo per la committenza (e per me stesso) ed un immeritevole concorrente per i i colleghi "là fuori".
Trovo aberrante che ci sia chi, nel più totale menefreghismo, si catapulti nella professione senza la minima percezione di inadeguatezza e senza porsi problematiche di alcun genere.
Tutto questo, per dire che, in fondo, se abbiamo professionisti abilitati che, in realtà, non sono in grado di svolgere la professione, c'è poco da stupirsi se ci sono laureati che misconoscono i più basilari concetti che regolano il mercato del lavoro.
E’ davvero sconfortante leggere alcuni commenti. Mi viene da pensare cosa sarebbe successo se non eravamo colleghi…
Magari siete dei super esperti fiscalisti ma di certo rispolverare un po’ la deontologia non farebbe male dato il vostro modo di comportarvi davanti ad una persona che è entrata con la premessa “ho bisogno di un consiglio essendo un giovane architetto”.
Furbetto, esattore delle tasse, semplice laureato…ne avete dette di cose belle eh.
Ribadisco a tutti la mia domanda usando un esempio pratico così magari capite qualcosa di più: sono un dipendente a tempo pieno e lavoro in questa società proprio grazie al mio titolo di studi.
Qualche giorno fa mi hanno chiesto di fare un rilievo di un appartamento.
Sono una persona corretta e non voglio un pagamento in nero. Trovo assurdo che io debba aprire una partita IVA per un paio di rilievi che mi capitano all’anno. Idem per una semplicissima CILA: non capisco il perché io non possa accettare un incarico solo perché non ho P.IVA o non sono iscritto a Inarcassa.
Ho le competenze ed ho il titolo per poterlo fare. Non ho un modo per farmi pagare, tutto qua.
Per me il discorso fiscale e quello di titolo abilitante sono due cose diverse.
Tuttavia vorrei rispondervi uno a uno:
archspf: tu dici “Sulla base di un consulto diretto dell'ordine di Roma: per prestare prestazioni quali, ad esempio, la presentazione di pratiche edilizie, è richiesto l'esercizio di una "attività professionale abituale". Dunque io non ho il diritto di presentare una pratica edilizia una volta ogni 10 anni perché non lo faccio abitualmente? Ho le mie perplessità su questa ipotesi…
Quando poi dici “davvero non conoscete le norme” vorrei risponderti con quanto segue: sai benissimo che un giovane architetto si ritrova in un mondo di burocrazia immenso appena si affaccia al mondo lavorativo. Al posto di stare qui a giudicare, aiutiamoci. Questa parte del sito è una bacheca dove in alto c’è scritto “ho bisogno di un consiglio”
ArchiFish: grazie per la tua lezione su come si diventa Architetti in Italia. Ma non era questa la mia domanda…Sono un professionista abilitato ed iscritto all’Albo da un po’. Ribadisco anche a te che la mia domanda era un’altra. La tua è stata una risposta pressoché inutile ai miei fini, sicuramente servirà a qualcuno che cerca “quali step si fanno dopo la laurea di architettura”.
Ho apprezzato invece molto il tuo secondo post dove descrivi esattamente la mia figura in questo momento: una persona che sta cercando di documentarsi a proprie spese (economiche e non). Questo post dovrebbe servirmi per imparare qualcosa ma forse ha risposto gente che è in grado di fare l’architetto ma non l’insegnante.
ArchiFra: non è il mio caso quello da te descritto, mi dispiace che ci sia questa gente in giro. Quindi anche il tuo commento ai miei fini è risultato inutile perché questo post non era “scarichiamo la nostra rabbia sul mondo dei furbetti”. E quando ho detto “lavoretto”, non intendevo declassare la nostra professione…è semplicemente dire (tra colleghi) che è davvero una cosa di poco tale da dover aprire una P.IVA
Non voglio continuare le polemiche.
Ringrazio a prescindere tutti per il tempo dedicatomi ma andrò direttamente al mio ordine e chiederò una consulenza con il fiscalista lì presente. Spero che saprà ascoltarmi meglio di quanto è successo qui.
Magari siete dei super esperti fiscalisti ma di certo rispolverare un po’ la deontologia non farebbe male dato il vostro modo di comportarvi davanti ad una persona che è entrata con la premessa “ho bisogno di un consiglio essendo un giovane architetto”.
Furbetto, esattore delle tasse, semplice laureato…ne avete dette di cose belle eh.
Ribadisco a tutti la mia domanda usando un esempio pratico così magari capite qualcosa di più: sono un dipendente a tempo pieno e lavoro in questa società proprio grazie al mio titolo di studi.
Qualche giorno fa mi hanno chiesto di fare un rilievo di un appartamento.
Sono una persona corretta e non voglio un pagamento in nero. Trovo assurdo che io debba aprire una partita IVA per un paio di rilievi che mi capitano all’anno. Idem per una semplicissima CILA: non capisco il perché io non possa accettare un incarico solo perché non ho P.IVA o non sono iscritto a Inarcassa.
Ho le competenze ed ho il titolo per poterlo fare. Non ho un modo per farmi pagare, tutto qua.
Per me il discorso fiscale e quello di titolo abilitante sono due cose diverse.
Tuttavia vorrei rispondervi uno a uno:
archspf: tu dici “Sulla base di un consulto diretto dell'ordine di Roma: per prestare prestazioni quali, ad esempio, la presentazione di pratiche edilizie, è richiesto l'esercizio di una "attività professionale abituale". Dunque io non ho il diritto di presentare una pratica edilizia una volta ogni 10 anni perché non lo faccio abitualmente? Ho le mie perplessità su questa ipotesi…
Quando poi dici “davvero non conoscete le norme” vorrei risponderti con quanto segue: sai benissimo che un giovane architetto si ritrova in un mondo di burocrazia immenso appena si affaccia al mondo lavorativo. Al posto di stare qui a giudicare, aiutiamoci. Questa parte del sito è una bacheca dove in alto c’è scritto “ho bisogno di un consiglio”
ArchiFish: grazie per la tua lezione su come si diventa Architetti in Italia. Ma non era questa la mia domanda…Sono un professionista abilitato ed iscritto all’Albo da un po’. Ribadisco anche a te che la mia domanda era un’altra. La tua è stata una risposta pressoché inutile ai miei fini, sicuramente servirà a qualcuno che cerca “quali step si fanno dopo la laurea di architettura”.
Ho apprezzato invece molto il tuo secondo post dove descrivi esattamente la mia figura in questo momento: una persona che sta cercando di documentarsi a proprie spese (economiche e non). Questo post dovrebbe servirmi per imparare qualcosa ma forse ha risposto gente che è in grado di fare l’architetto ma non l’insegnante.
ArchiFra: non è il mio caso quello da te descritto, mi dispiace che ci sia questa gente in giro. Quindi anche il tuo commento ai miei fini è risultato inutile perché questo post non era “scarichiamo la nostra rabbia sul mondo dei furbetti”. E quando ho detto “lavoretto”, non intendevo declassare la nostra professione…è semplicemente dire (tra colleghi) che è davvero una cosa di poco tale da dover aprire una P.IVA
Non voglio continuare le polemiche.
Ringrazio a prescindere tutti per il tempo dedicatomi ma andrò direttamente al mio ordine e chiederò una consulenza con il fiscalista lì presente. Spero che saprà ascoltarmi meglio di quanto è successo qui.
Tieni presente che ti sono state date risposte anche troppo esaustive dai colleghi proprio in virtù del fatto che sei un collega alle prime esperienze e che pertanto dovresti solo ringraziarli invece di sproloquiare per 50 righe. Io al posto loro mi sarei limitato a risponderti semplicemente: NO, non esistono altri mezzi legali.