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Danteum: Identità e crisi dell'Architettura italiana

pubblicato nella rivista L'ARCHITETTURA ITALIANA. BLOOM (n. 1 feb/mar 2009)

di Daniela Conte

L'identità dell'architettura italiana non si può più definire in modo semplice e chiaro dall'età moderna in poi, cioè da quando oscilla in un eterno dualismo tra la tendenza espressionista e quella razionalista, e nelle sue forme memori della tradizione classicista cela l'anelito recondito di di-svelare l'origine dell'architettura stessa. Come ha affermato recentemente Massimo Cacciari, la Bibbia ha influenzato la nostra forma mentis di occidentali, perché sulla sua lettura si sono formati autori diversi, con linguaggi forme e stili diversi, a volte tra loro opposti. Nella Bibbia infatti ci sono le radici della nostra formazione che è esegesi, ermeneutica, contraddizione; perché i testi della Bibbia esigono interpretazione e ci interrogano continuamente; ma è proprio questa forma mentis che ci permette di assumere la tradizione per trasformarla, e a volte anche sovvertirla.Emblematica di questa condizione è l'arte di uno dei protagonisti della cultura architettonica italiana della prima metà del secolo scorso, Giuseppe Terragni, il quale, come ha evidenziato anzitempo ed in modo originale Alberto Cuomo nel suo libro "Terragni Ultimo", nelle sue opere racconta il senso della "crisi dell'abitare", anticipando di mezzo secolo il messaggio dell'architetto moderno e contemporaneo. Nel progetto per il Danteum Terragni vuole ritrovare il principio del linguaggio costruttivo architettonico ed in questo viaggio scopre la distruzione di tali linguaggi, i quali devono assoggettarsi alla creazione di un nuovo linguaggio comune, che tuttavia ancora oggi non sembra essere stato definito (A. Cuomo). Il Danteum ricerca quel luogo da cui scaturisce ogni forma dell'abitare e che si dona ad ogni località; infatti interloquisce con la città intorno interponendo un muro pieno che l'autore stesso definisce ‹‹lavagna su cui tracciare la rispondenza spirituale tra l'area e l'edificio›› (G. Terragni). Il suo desiderio è di attraversare la memoria del costruire e coglierne il principio; è di costruire un tempio del ricordo che riporti all'architettura il valore di opera totale, è di ritrovare l'ombra perduta dell'architettura moderna, cioè quella della sua tradizione e quella mancante alla luce della sua razionalità. Mentre il monumento accoglie in sé il fluire del tempo, il progetto di Terragni è senza tempo, nelle sue opere irrompono frammentazioni, spaccature, enjambment, gesti puri che mostrano l'ambiguità di un linguaggio incompiuto. Terragni intende ritrovare una "misura assoluta", la sospensione senza tempo del classico. Infatti Manfredo Tafuri paragona questi gesti dell'artista alle maschere nude di Pirandello, sostenendo che Terragni artista e poeta, è un personaggio pirandelliano, per il quale realtà ed apparenza sono equivalenti e attraverso le maschere, l'artista racconta il suo mondo interiore rivelando il fine delle sue composizioni: ‹‹costruire case che raccontino l'impossibilità di avere dimora.›› (M. Tafuri). Il Danteum segna un'esperienza architettonica nuova nel periodo in cui si realizza, non è auto celebrativa o eroica, bensì è una figura labirintica duale e tortuosa , è un'esperienza che manifesta i meccanismi del farsi del progetto, dei materiali, delle forme, degli spazi, così come si sono trasformati nell'arco della storia. Come sostiene nella sua ricerca il Bontempelli, l'intento del XX secolo è di ricostruire Tempo e Spazio, ormai soggetti ad infinite manipolazioni. Per ridare una solidità al reale bisogna fare di spazio e tempo degli ostacoli alla volontà di trasformazione dell'artista, e limiti alla capacità inventiva dell'artista di andare oltre il reale, creando quello che Bontempelli chiama "realismo magico". Il motivo fondamentale del Danteum perciò è il rapporto tra fantasia e ragione, che nella metafora individuata dal Bontempelli è tra il femminile e il maschile, dove l'abbraccio maschile /femminile è raffigurato nell'elevarsi e nello sprofondarsi spiraliforme dell'Inferno e del Paradiso. Lo stesso progettista dice: ‹‹nel Danteum si tratta di ottenere il massimo di espressione con il minimo di retorica, il massimo di commozione col minimo di aggettivazione decorativistica o simbolistica. E' una grande sinfonia da realizzare con strumenti primordiali.›› Il Danteum è una passeggiata tra le cantiche della Divina Commedia, un viaggio senza tempo che inizia da un recinto ed un muro, che conducono rapidamente in un cortile vuoto, simbolo della vita perduta di Dante prima della Divina Commedia, poi alla sala quadrata delle cento colonne simbolo della selva oscura in cui il poeta si ritrova nel "mezzo del cammin della sua vita", che attraverso un piccolo varco nel muro, fa accedere alla sala dell'inferno, composta da sette quadrati di altezze diverse i cui centri evidenziati da sette colonne, disegnano una figura spiraliforme ascensionale, matrice dinamica del progetto. Risalendo si arriva nella sala del Purgatorio che specchia e ribalta la sala dell'inferno in un gioco di bucature quadrate del soffitto aperte sul cielo, ed infine salendo alcuni gradini, si raggiunge la sala del Paradiso in cui le cento colonne scure della sala sottostante si trasformano nelle trentatré colonne trasparenti che sorreggono una copertura diafana. Da questo punto Terragni conclude il viaggio o nella spina centrale della galleria dell'Impero, o verso un angusto passaggio tra due alte mura che conduce direttamente all'esterno. Nel Danteum Terragni unisce " ricordo ed estraneazione", costruisce un'opera in cui gli elementi primari costruzione, muri, colonne, spazi, subiscono delle trasformazioni. Tutto il progetto è giocato su relazioni numeriche e geometriche, sulla ricorrenza del numero tre, sulle proporzioni auree dei tre rettangoli delle sale di Inferno, Purgatorio, Paradiso, sale a loro volta disposte in uno schema altimetrico su tre livelli e sulla spina centrale a sua volta costituita da tre muri ora pieni, ora traforati. Il pretesto dell'ispirazione alla Divina Commedia serve per esporre il gioco, il susseguirsi dei materiali con la loro consistenza o evanescenza, e la contrapposizione tra la densità della materia ed il vuoto infinito: alle cento colonne in granito dell'Inferno, corrispondono le trentatré colonne di cristallo che sostengono a loro volta una copertura trasparente. Osservando le due sale di Inferno e Purgatorio, percepiamo che si riflettono l'una nell'altra, la prima con il pieno dei piani che sprofondano verso il basso e le colonne che segnano questo percorso spiraliforme, la seconda sostituisce ai pieni i vuoti delle bucature delle coperture dei piani sfalsati verso l'alto. ‹‹Terragni mette in scena un gioco tragico e ambiguo: maschere e simulazioni si affollano intorno a nuclei concettuali resistenti…l'atonalità e la concezione prima dell'infinito mutarsi del gioco, è vero è solo il succedersi illimitato degli accadimenti che esso permette›› (M. Tafuri). Il Danteum conclude ogni possibilità dell'architettura moderna, da quella razionalista, a quella futurista o espressionista, poiché la modernità non dà luminose certezze, ma Terragni non si abbandona neanche alle affascinanti e nuove creatività, egli piuttosto ascolta il silenzio con cui l'invenzione si manifesta. Nei suoi progetti Terragni è sempre in bilico tra le lucide regole del razionalismo, la lirica della tradizione classicista italiana, l'influenza dell'arte plastica ed espressionista michelangiolesca. Il viaggio in cui ci conduce Terragni nel Danteum è un lungo ponte verso il futuro, nostro presente, in cui si sono perse le certezze del moderno ed emerge il dubbio, e la ricerca di una possibilità di verità e di identità dell'architettura avviene lungo la debole linea d'ombra al confine tra luce ed oscurità.

Daniela Conte 3.07.1974

 

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