La Santa Sede partecipa per la prima volta alla Biennale di Architettura di Venezia e lo fa con dieci cappelle (e un padiglione) all'interno del bosco dell'Isola di San Giorgio Maggiore.
Tra i progettisti delle piccole architetture, che dal 26 maggio al 25 novembre saranno visitabili sull'isola veneziana, in occasione della sedicesima mostra internazionale, troviamo i Pritzker Eduardo Souto de Moura e Norman Foster, ma anche giovani architetti emergenti, come la brasiliana Carla Juaçaba - tra l'altro selezionata anche da Yvonne Farrell e Shelley McNamara per la loro «Freespace» - e il giovane, ma già pluripremiato, studio veneziano Map, guidato da Francesco Magnani e Traudy Pelzel, autori, tra l'altro di un progetto di riuso di una casa colonica all'interno delle mura di Ferrara, finalista al premio Medaglia d'oro dell'architettura italiana 2015. Tra gli architetti prescelti per realizzare le cappelle, che andranno a costituire il padiglione - diffuso - della Santa Sede alla Biennale 2018, ci sono progettisti provenienti da quattro continenti. A rappresentare l'Italia, oltre a Map Studio, c'è Francesco Cellini.
I nomi degli autori delle dieci cappelle, in corso di costruzione, sono stati presentati oggi a Roma in una conferenza stampa alla quale hanno preso parte il cardinale Gianfranco Ravasi, il curatore del padiglione diffuso, Francesco Dal Co e il presidente della Biennale di Venezia, Paolo Baratta. Gli altri architetti scelti per l'ideazione delle cappelle sono lo statunitense, Andrew D. Berman; il paraguayano, Javier Corvelán Espínola; lo studio di Barcellona, Flores & Prats, l'architetto e storico dell'architettura giapponese, Terunobu Fujimori; l'australiano Sean Godsell; il cileno Smilijan Radic Clarke.
aggiornamento 29.05.2018
Padiglione Santa Sede alla Biennale di Venezia 2018 - alla scoperta delle 10 cappelle realizzate sull'isola di San Giorgio Maggiore
Il Vaticano per la prima volta alla Biennale di Architettura
Dunque, per la prima volta, Il Vaticano partecipa alla Biennale di Architettura. E lo fa in una maniera unica: «niente tavole, modelli o render», ha sottolineato Dal Co, perché «Il ruolo dell'architettura è quello di mettere ordine in uno smisurato peso, che è il mondo. Solo nel costruito l'architettura trova la sua pienezza». Ecco perché il Padiglione della Santa Sede prende la forma di un percorso tra architetture costruite. Il curatore ha ricordato una frase dell'architetto austriaco Adolf Loos: «Quando si incontra un tumulo in un bosco, si incontra un'architettura», per sottolineare come l'apparire di qualcosa di costruito nello spazio smisurato, come quello di un bosco, dà la misura del luogo, aiuta ad orientarsi, diventando un punto di riferimento e di incontro. E, allora, quella, è sicuramente un'architettura.
Il parallelo tra la frase di Loos e la cappella nel bosco, costruita nel 1920 da Gunnar Asplund nel cimitero di Stoccolma, è presto fatto. Ecco allora che proprio la cappella di Asplund diventa il modello che i progettisti selezionati hanno preso come riferimento per le loro architetture tra gli alberi veneziani.
D'altronde, il tema della Biennale si concentra sul concetto di dono che l'architettura può fare alla città e ai cittadini, con lo spazio libero, lo spazio pubblico, e con quella «generosità di spirito e senso di umanità» che l'architettura sa esprimere. Un tema che ben si incrocia con il ruolo storico della Chiesa come committente. Dopo aver ricordato pregevoli esempi di un passato non lontano, come la cappella di Notre-Dame du Haut a Ronchamp e la cappella nel bosco, costruita da Gunnar Asplund, il cardinale Ravasi ha infatti rimarcato quanto sia sempre più sentita oggi la necessità di committenza per i luoghi di culto e quanto sia necessario «sanare il divorzio tra due sorelle che hanno sempre camminato insieme: arte e fede».
L'unicità del progetto della Santa Sede è stata rimarcata dal cardinale Ravasi: «Dal Co - ha affermato sua eminenza - ha optato per un padiglione singolare, inteso come un pellegrinare nel bosco», fatto di «dieci tappe elaborate da altrettanti architetti». Si tratta di architetture che dialogheranno con il bosco, inteso come «luogo del silenzio e dell'interiorità», ha sottolineato ancora il cardinale.
Si tratta di architetture «neanche tanto piccole», ha spiegato Dal Co, ma che si concentreranno su due simboli importanti: l'ambone e l'altare e, soprattutto, sperimenteranno le possibilità offerte dai vari materiali, dalla ceramica al legno, dal calcestruzzo sottile e armato al metallo. Cellini - ad esempio - ha testato le possibilità delle lastre sottili in ceramica; mentre Souto de Moura ha usato i blocchi di pietra di Vicenza per la sua cappella. Dunque una sperimentazione che coinvolge forma e tecnologia, grazie anche al coinvolgimento di diverse aziende e imprese che hanno collaborato con i progettisti.
Oltre alle dieci cappelle, ci sarà anche un padiglione che servirà a raccontare l'opera di Asplund, fonte di ispirazione per i 10 architetti. Il padiglione è firmato da Map studio. Cosa sarà delle cappelle dopo la mostra? Questo è ancora un punto da definire. Ma già ci sono state delle manifestazioni di interesse. «Una fiera in Polonia ci ha chiesto di avere una delle cappelle», ha riferito Ravasi.
Dunque, la riflessione prende due direzioni, una di tipo più pratico, legata alla sperimentazione progettuale e l'altra aperta ai temi di natura più spirituale, legati a doppio filo al ruolo della Chiesa e a quel connubio indissolubile tra arte e fede, da ritrovare. Connubio che l'architettura nei secoli ha saputo esprimere con naturalezza e che oggi si fatica a riscoprire.
di Mariagrazia Barletta
#focus.biennale.2018 - 16. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia
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