Niente più split payment per i professionisti. A deciderlo è il cosiddetto "decreto dignità" approvato ieri in Consiglio dei ministri. Nel decreto legge, infatti, non si trovano solo misure volte a disincentivare i contratti a tempo determinato in favore di quelli a tempo indeterminato, ma anche novità in materia fiscale.
Tra queste, appunto, l'abolizione del meccanismo della scissione dei pagamenti «per le prestazioni di servizi rese alle pubbliche amministrazioni dai professionisti i cui compensi sono assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta o a titolo di acconto», si legge nel comunicato di Palazzo Chigi.
Con lo split payment - va ricordato - accadeva che l'Iva addebitata in fattura ad una pubblica amministrazione, non veniva corrisposta al professionista, ma era la stessa Pa a versarla nelle casse dell'Erario. Ad estendere tale meccanismo anche ai professionisti - con effetto dal 1° luglio 2017 - era stata la cosiddetta "manovrina" dello scorso anno (Dl 50 del 2017), che aveva provveduto anche a moltiplicare le categorie di enti pubblici verso le quali dover applicare meccanismo della scissione dei pagamenti. Risultavano già esclusi dallo split payment i professionisti che applicavano il regime forfetario.
Il decreto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed è in vigore dal 14 luglio 2018, inizia ora la fase di conversione in legge da parte del Parlamento. Il testo è dunque suscettibile di modifiche.
Un po' di storia
Più in dettaglio, lo split payment fu introdotto dalla legge 190 del 2014, ma non vi rientravano i professionisti, ed è stato applicato ai fornitori di precise categorie di enti pubblici, indicate all'articolo 17ter del Dpr 26 ottobre 1972, n. 633. Si tratta dello «Stato, degli organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica, degli enti pubblici territoriali e dei consorzi tra essi costituiti ai sensi dell'articolo 31 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, degli istituti universitari, delle aziende sanitarie locali, degli enti ospedalieri, degli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, degli enti pubblici di assistenza e beneficenza e di quelli di previdenza».
La lista dei committenti è stata poi allargata, non solo dalla "manovrina" ma anche dal decreto fiscale (Dl 148 del 2017). Dunque il precedente Governo aveva puntato sullo split payment come strumento di lotta all'evasione fiscale. Comunque, è sempre stato uno strumento "a tempo". Le norme sullo split payment, infatti, si applicano fino alla scadenza fissata dalla Commissione europea e dal Consiglio Ue, che avevano autorizzato l'italia ad applicare il meccanismo di scissione dei pagamenti fino al 31 dicembre 2017, data che è stata poi prorogata al 30 giugno 2020, attraverso una nuova autorizzazione che teneva conto delle novità legislative introdotte dalla "manovrina".
di Mariagrazia Barletta
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