Il decreto cosiddetto «Semplificazioni bis» mantiene in vita fino al 30 giugno 2023 alcune deroghe al Codice degli Appalti introdotte prima con lo «Sblocca cantieri» (Dl 32 del 2019) e poi con il «Dl Semplificazioni» del 2020 (Dl 76 del 2020). Tra gli effetti del congelamento di alcune norme del Dlgs 50 del 2016, vi è la cancellazione, fino al 30 giugno 2023, del divieto di ricorso all'appalto integrato sancito dall'art. 59, comma 1 del Codice dei Contratti. A prevederla è l'articolo 52 del «Semplificazioni bis».
Sul fronte del ritorno all'appalto integrato, le novità non si esauriscono con il posizionamento in stand-by dell'articolo 59, ma, il decreto «Semplificazioni bis» ne prevede il ricorso (art. 48) anche per le opere connesse al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e al Piano nazionale per gli investimenti complementari (Pnc).
Per le opere del Pnrr e del Pnc è consentito l'affidamento della progettazione e dell'esecuzione dei lavori sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica. In particolare, si prevedono due modalità operative: l'affidamento può avvenire mediante acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta oppure, in alternativa, mediante offerte aventi ad oggetto la realizzazione del progetto definitivo, del progetto esecutivo e il prezzo. In entrambi i casi, l'offerta relativa al prezzo indica distintamente il corrispettivo richiesto per la progettazione definitiva, per la progettazione esecutiva e per l'esecuzione dei lavori.
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Non ha risparmiato critiche al ritorno all'appalto integrato, Franco Fietta, presidente della Fondazione Inarcassa nell'audizione informale tenutasi lunedì 21 giugno presso le Commissioni riunite Affari costituzionali e Ambiente della Camera. «Non comprendiamo i motivi che hanno portato alle scelte di riapertura all'appalto integrato. La Fondazione Inarcassa è assolutamente convinta dell'opportunità di separare il momento della progettazione da quello dell'esecuzione, essenziale per assicurare l'indipendenza del progettista nell'interesse della pubblica amministrazione, della qualità della progettazione e della trasparenza delle procedure», ha esordito Fietta pur riconoscendo che il Dl 77 del 2021 costituisce «un primo passo verso un concreto piano di ripresa economica del Paese, perché lo snellimento delle procedure è un passo importante sia per consentire la realizzazione del Pnrr e del Piano nazionale per gli investimenti complementari, sia in prospettiva per tutto il mondo delle opere pubbliche».
Tuttavia, l'ingegnere si è soffermato sull'assenza di effetti benefici dell'appalto integrato rispetto all'accorciamento dei tempi. «L'evidente inefficienza della macchina pubblica, i cosiddetti tempi di attraversamento che pesano per il 60 per cento sui tempi di progettazione di un'opera, non possono essere risolti con l'eliminazione della terzietà del progettista. L'appalto integrato non offre certezze sulla riduzione di questi tempi - ha sottolineato Fietta -, in quanto il suo ricorso non prescinde da nessuna delle fasi progettuali, neanche da quella più complessa, ovvero la fase definitiva, nella quale sono acquisiti i pareri nonché definito l'importo dell'opera».
«Purtroppo, con il decreto Semplificazioni bis registriamo non solo una proroga fino al 30 giugno 2023 dell'appalto integrato, ma anche un'estensione dell'istituto a partire dal progetto di fattibilità tecnica ed economica per i progetti connessi al Pnrr e Pnc».
Critico l'ingegnere rispetto alle due modalità di ricorso all'appalto integrato per le opere del Pnrr e del Pnc previste dall'articolo 48 del Dl «Semplificazioni bis», «Nel caso in cui il progetto definitivo debba essere presentato unitamente all'offerta economica - afferma Fietta -, solo l'aggiudicataria potrà ripagare il lavoro svolto dal professionista. Questa mera considerazione rende chiaro che questo mercato degli appalti integrati sarà accessibile solo a poche imprese di maggiori dimensioni che hanno già al loro interno adeguate strutture per la progettazione con una forte limitazione del principio comunitario di concorrenza. Nel secondo caso, quello in cui viene presentata esclusivamente l'offerta economica, è lecito immaginare che le offerte tra loro siano difficilmente confrontabili, se non per il prezzo, tanto da indurre a gare basate unicamente sul minor prezzo».
«Inoltre, in assenza di progetto definitivo si prevede che le offerte non siano assolutamente attendibili, in quanto prive dei pareri che vengono raccolti nella conferenza di servizi, alla quale partecipa esclusivamente l'aggiudicataria dopo avere effettuato la progettazione definitiva. Queste due osservazioni portano immediatamente a prevedere che la necessità di varianti in corso d'opera sarà quasi automatica con grave pregiudizio dei costi e dei tempi esecutivi. A nostro parere la norma andrebbe corretta sotto diversi profili, limitando l'appalto integrato all'ipotesi già prevista dal primo decreto Semplificazioni o ancor meglio ai lavori di sola manutenzione con progettazione esecutiva più semplice, prevedendo che i servizi professionali siano pagati direttamente dalla stazione appaltante e che non siano soggetti a ribasso d'asta».
Netta anche la critica all'innalzamento da 75mila a 139mila euro della soglia entro cui è possibile ricorrere all'affidamento diretto per i servizi di architettura e ingegneria, senza tra l'altro dover consultare più operatori economici. Una deroga, anche questa, valida fino al 30 giugno 2023. «Si sacrificano i principi di pubblicità, di concorrenza e di meritocrazia, infine si decreta di fatto - ha continuato l'ingegnere - la fine dell'istituto del raggruppamento temporaneo, uno dei principali strumenti di organizzazione e di aggregazione dei liberi professionisti italiani. Il mancato richiamo al principio di rotazione per l'affidamento diretto, che invece è previsto per la procedura negoziata, tra l'altro desta ulteriori perplessità».
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