Gas radon, dopo la procedura d'infrazione l'Italia pubblica il piano d'azione

di Mariagrazia Barletta

L'Italia si dota di un piano d'azione per la lotta la radon con l'obiettivo di affrontare i rischi a lungo termine dell'esposizione al gas radioattivo nei luoghi di lavoro e nelle abitazioni. Il "Piano nazionale d'azione per il radon 2023-2032" - questo il suo nome - è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 21 febbraio.

L'Italia tenta così di recuperare i ritardi accumulati nella lotta al radon, un gas radioattivo classificato dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nel primo gruppo delle sostanze per le quali vi è la massima evidenza di cancerogenicità. Dunque, una sostanza cancerogena che rappresenta uno dei principali fattori di rischio di tumore ai polmoni, dopo, ovviamente, il fumo. Il maggior contributo alla sua concentrazione in ambienti indoor proviene dal suolo, dal quale penetra all'interno degli edifici.

Il piano nazionale d'azione - va ricordato - è previsto dalla direttiva 2013/59/Euratom che stabilisce norme di sicurezza per la protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti. L'Italia ha recepito la direttiva 2013/59/Euratom, ma non aveva ancora elaborato e attuato il Piano d'azione contro il radon, così la Commissione europea aveva aperto nei suoi confronti una procedura di infrazione, avviata con l'invio della lettera di richiesta di informazioni.

Con il piano d'azione ogni Stato membro si impegna a realizzare indagini sulle concentrazioni di radon in ambienti chiusi o nel suolo, ad effettuare misurazioni nelle tipologie di luoghi di lavoro ed edifici pubblici a maggior rischio, nonché ad elaborare strategie per ridurre l'esposizione al radon nelle abitazioni.

Con il Dl Salva-Infrazioni (Dl 69 del 2023) il governo ha stanziato un fondo da 90 milioni (spalmato negli anni dal 2023 al 2031) per finanziare interventi di riduzione e di prevenzione del radon indoor e un altro da 30 milioni (distribuiti tra il 2023 e il 2025), propedeutici al Piano appena adottato.

Gli obiettivi del Piano

L'obiettivo del Piano è ridurre il numero dei casi di tumore polmonare causati dall'esposizione al radon e ai suoi prodotti di decadimento. Per questo devono essere individuati luoghi di lavoro e abitazioni con elevata concentrazione di radon e devono essere adottate misure per prevenire e ridurre la concentrazione di radon indoor. Il Piano prende in considerazione una riduzione diffusa della presenza di radon negli edifici con concentrazione superiore ai 200 Bq/mc, dando la priorità a quelli che superano i 300 Bq/mc, ma agendo anche su concentrazioni minori.

Le tre linee d'azione: mappatura, informazione e regole ad hoc

Come già previsto dal Dlgs che ha recepito la direttiva Euratom, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano devono individuare le zone, dette "aree prioritarie" in cui il livello di riferimento di 300 Bq/mc è superato nel 15% di edifici. All'interno delle "aree prioritarie" devono poi essere definite le priorità d'intervento. Il Piano fornisce elementi per l'individuazione di tali aree uniformando strategie e metodologie per le campagne di misurazione sul territorio nazionale e fornendo una mappatura della radioattività naturale potenziale del territorio nazionale su base geologica.

Fondamentali sono anche la formazione e l'informazione della popolazione. Per ridurre la concentrazione media di radon indoor, la popolazione deve essere informata dei rischi dovuti all'esposizione al radon. Dall'informazione alla popolazione, ci si attende un'implementazione delle misurazioni volontarie e degli interventi di risanamento, quando necessari.

La protezione dal radon deve, poi, essere considerata come una necessaria garanzia di qualità nel caso di nuovi progetti di costruzione e di edifici esistenti, per questo il piano dà indicazioni sull'edilizia e sui materiali da costruzione per i nuovi edifici e per le abitazioni e i luoghi di lavoro esistenti.

La realizzazione del Piano è monitorata dall'Osservatorio nazionale radon, organismo al quale partecipano le amministrazioni competenti in materia.

Il programma per i prossimi 10 anni

Gli obiettivi specifici di riduzione dell'esposizione al radon sono fissati con un orizzonte temporale decennale. Il piano prevede: la riduzione del radon nei luoghi di lavoro quando la concentrazione supera i 300 Bq/mc, nel rispetto delle previsioni normative; l'abbassamento della concentrazione di radon almeno nel 50% delle abitazioni, ricadenti nelle aree prioritarie nelle quali sia stata riscontrata una concentrazione di radon superiore ai 200 Bq/m3, dando priorità a quelle con concentrazione superiore a 300 Bq/m3.

Un altro obiettivo è la riduzione della concentrazione di radon almeno nel 50% delle abitazioni del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, ricadenti nelle aree prioritarie, nel caso in cui sia superata la soglia limite di 200 Bq/mc, dando la precedenza a quelle in cui si sfora il tetto di 300 Bq/m3. Infine il Piano prevede che sia verificato che il livello di concentrazione di radon sia inferiore ai 200 Bq/m3 nelle abitazioni costruite dopo il 31 dicembre 2024.

Interessate 800mila abitazioni, ma i dati sono fermi agli anni '80

«Sulla base dei dati disponibili - si legge nel Piano -, ottenuti nella prima indagine condotta nelle abitazioni alla fine degli anni '80 e riportati nel PNR del 2002, si stima che le abitazioni con una concentrazione di radon superiore ai 200 Bq/m3 siano il 4% delle abitazioni italiane, circa 800.000 abitazioni, quelle con concentrazione di radon superiori a 400 Bq/m3 siano l'1% e cioè circa 200.000, mentre la stima per i luoghi di lavoro che superano i 300 Bq/m3 è pari a circa 200.000».

Piano inefficace se i proprietari non si addossano le spese di risanamento

La riuscita effettiva della lotta al radon - come rimarcato anche nello stesso Piano adottato - rimane però «subordinata alla volontà dei proprietari di abitazioni a intraprendere azioni di misurazione e alla disponibilità degli stessi a sostenere economicamente le eventuali conseguenti azioni di risanamento, per quanto le Regioni e Province autonome possano speditamente procedere alle misurazioni e alla definizione delle aree prioritarie».

Senza incentivi il Piano si fermerebbe alla semplice mappatura

Senza incentivi il Piano d'azione si fermerebbe alla mappatura. Per questo, si legge ancora nel Piano: «oltre alle azioni di promozione e sensibilizzazione di nuovo poste principalmente in carico alle Regioni e Province autonome, sarebbe certamente utile l'introduzione di specifici incentivi economici statali o regionali, o anche l'introduzione di una voce specifica sul valore di concentrazione del radon nell'ambito della certificazione energetica già obbligatoria ex lege nei contratti di compravendita e locazione, almeno dal 1 gennaio 2025 quando ci si aspetta che in tutti gli edifici di nuova costruzione sia rispettato il valore di 200 Bq/m3, anche a fini di equità del mercato immobiliare».

Soprattutto, il documento mette in evidenza l'importanza di un approccio sistemico negli interventi sull'esistente. «Volendo ottimizzare le risorse e l'organizzazione degli interventi negli edifici, perseguendo contestualmente o indipendentemente il risparmio energetico, è necessario impostare una logica normativa che spinga affinché questi tre temi - radon indoor, air quality ed efficientamento energetico - vengano affrontati in modo sinergico e virtuoso».

Le metodologie di intervento

Utili per i progettisti sono le indicazioni per prevenire e ridurre l'ingresso del radon nel caso di nuove costruzioni e di ristrutturazioni. Le appendici 2.1 e 2.2 sono infatti dedicate alle metodologie di intervento normalmente impiegate nella pratica corrente per il risanamento o la prevenzione dell'inquinamento da radon, sia nel caso di nuove costruzioni o ristrutturazioni, sia per risanamenti specifici di edifici preesistenti.

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