Il Movimento 5 Stelle ha presentato una proposta di disegno di legge, depositata al Senato (?) dagli onorevoli Bartolomeo Pepe e Maurizio Buccarella. Tema centrale del documento è la soppressione degli Ordini professionali. Riflettiamo sugli articoli n. 1 e 2, che propongono l'abolizione dei Consigli Nazionali e di quelli Provinciali e chiedono l'istituzione di un Registro pubblico degli abilitati.
Il Registro degli abilitati ad una determinata professione sarebbe unico, nazionale, e sostituirebbe gli Albi (nel nostro caso) provinciali. Potrebbe essere tenuto - si legge nel documento - presso il Ministero di Giustizia e pubblicato anche online in modo da renderne immediata la consultazione per scongiurare i casi di esercizio abusivo della professione.
«Si potrebbe prevedere - aggiungono i promotori - una equa quota annuale, da versare al Ministero da parte del professionista, per la tenuta del registro allo scopo di garantire i servizi burocratici gestiti attualmente dalle segreterie provinciali degli Ordini». L'equivalente della quota annuale d'iscrizione all'Ordine.
È possibile eliminare gli Ordini professionali?
Nel corso dell'ultimo decennio, gli Ordini professionali hanno perduto molte delle loro funzioni originarie, solo parzialmente ricostruite in forma diversa dalla recente Riforma delle professioni.
Il primo serio colpo agli Ordini professionali è arrivato con l'abolizione dei minimi tariffari obbligatori, di cui l'Ordine era il custode, e dell'obbligo di vistare le parcelle per i compensi ricevuti in ambito Lavori Pubblici. Poi, all'inizio del 2012, hanno completato il lavoro con la soppressione delle tariffe professionali e l'obbligo di sottoscrivere un contratto scritto con il cliente (legge 27/2012).
Con il Dl 138/2011 e poi con la Riforma delle professioni si è previsto che anche la deontologia verrà tolta dalle competenze degli Ordini e verrà affidata a un soggetto esterno, il Consiglio di Disciplina, nominato dal Tribunale. La funzione amministrativa e quella deontologica saranno così separate. Un cambiamento che - se nulla cambierà - sarà in atto con l'elezione dei prossimi Consigli provinciali degli Architetti, cioè dal prossimo autunno.
Se per il Consiglio Nazionale degli Architetti la vidimazione degli onorari resta ancora un compito delle "Commissioni parcelle" (circ. 145/2012), in realtà l'obbligo di contratto riduce drasticamente la necessità di ricorrere agli Ordini per stabilire il giusto compenso. Se vi è una prova scritta del credito vantato - e in caso di contratto la prova scritta c'è - il giudice può pronunciare un'ingiunzione di pagamento senza il parere della «competente associazione professionale» (artt. 636 e 633 del codice di procedura civile). Per finire, i Ministeri competenti, e non più gli Ordini, forniscono al giudice uno strumento analitico di semplice utilizzo per stabilire la parcella in caso di contenzioso. Il delitto è compiuto, o quasi.
Cosa rimane agli Ordini?
Dei compiti storicamente assegnati all'Ordine dalla legge 1395 e dal Regio Decreto del 1925 resta dunque principalmente la tenuta dell'Albo. Con l'ipotesi di togliere agli Ordini anche quest'ultimo compito, grazie all'istituzione di un Registro Unico Nazionale, e proponendo sia la soppressione dei Consigli di disciplina che l'abolizione dell'obbligo di Formazione continua, il disegno di legge svuota gli Ordini di tutti i ruoli assegnati, e ne rende possibile l'eliminazione.
Secondo il DDL il compito di giudizio sulle questioni deontologiche dovrebbe essere affidato ai Tribunali civili tramite la creazione di apposite sezioni, mentre laformazione (volontaria) potrebbe essere affidata ad associazioni, alle quali il professionista è libero di iscriversi oppure no.
Va ricordato che la nuova organizzazione della deontologia e la formazione continua obbligatoria non sono ancora in vigore. Per quest'ultima la data di partenza sarà determinata dal regolamento predisposto dal CNAPPC che dovrà stabilirne le modalità attuative mentre i consigli di disciplina saranno formati con le prossime elezioni dei consigli provinciali.
Cosa accadrebbe con la soppressione degli Ordini. Vantaggi e svantaggi
Ovviamente il Disegno di Legge lascia immutato l'istituto dell'Esame di Stato, necessario per l'iscrizione, non più all'Ordine, ma al Registro Nazionale. L'obbligo di abilitazione all'esercizio professionale è sancito dalla Costituzione (art. 33) e sarebbe difficile cambiarlo, la procedura come si sa è abbastanza complessa. Nel preambolo del DDL si parla spesso di favorire un accesso più ampio alle professioni, individuando gli Ordini come il principale ostacolo. È probabile pensassero alla professione di giornalista o di notaio, non certo a quello di architetto, dove l'argine, sacrosanto, è e rimane l'Esame di Stato.
Il vantaggio della proposta M5S, a loro dire, è indubbiamente di tipo economico. Quando i nuovi Consigli saranno operativi dopo l'estate, e si attuerà la formazione continua, i costi per il mantenimento degli Ordini potrebbero addirittura aumentare. Le amministrazione degli Ordini, secondo il Regolamento approvato dal CNAPPC, svolgeranno infatti compiti di segreteria e di assistenza alle attività dei nuovi Consigli di Disciplina, che avranno un numero di componenti superiore a quello attuale. A questi nuovi costi va aggiunta l'organizzazione che servirà al controllo dei crediti della Formazione Continua che ciascun professionista iscritto a un Albo dovrà dimostrare di aver acquisito nell'arco di ciascun triennio. Abolendo gli Ordini, ed eliminando l'obbligo della formazione continua, si taglierebbero gran parte dei vecchi e tutti i nuovi costi.
Secondo il DDL, anche senza Ordini gli architetti continuerebbero a svolgere la professione in maniera immutata. Immutate sarebbero le loro competenze e il Committente continuerebbe a poter consultare un elenco di professionisti per accertarsi che l'architetto incaricato sia realmente abilitato. In caso di abusi o comportamenti scorretti, ci si rivolge alla magistratura ordinaria.
Associazioni e Sindacati al posto degli Ordini?
Oltre ad avere una funzione di controllo, gli Ordini hanno costituito finora un riferimento certo nel rapporto fra professionisti e istituzioni. Hanno fornito allo Stato risorse e competenze su argomenti attinenti le singole professioni. A livello locale e nazionale gli Ordini e i Consigli Nazionali hanno contribuito, con successi e insuccessi, al lento processo di miglioramento della cosa pubblica, partecipando alle fasi preparatorie dell'attività legislativa e al governo del territorio. Hanno costituito comunque un osservatorio unico, e per di più istituzionale, sul variopinto mondo delle professioni.
Con la soppressione degli Ordini, il DDL targato M5S auspica la proliferazione di associazioni di categoria che contrariamente dagli Ordini - organismi di vigilanza ed autoregolamentazione - dovrebbero finalmente poter tutelare i propri iscritti, agevolarli nell'esercizio della professione, dando sostegno ai giovani ed in generale ai professionisti in difficoltà. Si tratterebbe di associazioni alle quali il professionista è libero di iscriversi e che possono erogare corsi di formazione, anch'essi facoltativi.
Per quanto riguarda la tutela, il sostegno, che dovrebbero svolgere queste associazioni, si tratta probabilmente di un auspicio, in quanto non vengono specificati i modi in cui questo possa avvenire. Non si capisce come un'Associazione, ad adesione volontaria, senza un sostegno derivante da un prelievo obbligatorio per legge, possa fornire ad esempio, tutela legale o supporto sindacale o corsi di formazione senza farseli pagare a un prezzo di mercato.
In molti casi, nell'ultimo decennio, nonostante i limiti imposti dall'essere un'Istituzione, alcuni Ordini si sono fatti carico di svolgere compiti non propri, si sono avvicinati molto almodello associazione, fornendo servizi, svolgendo attività culturali, di formazione e di sostegno che soltanto vent'anni fa erano impensabili per un Ente il cui solo compito è di mantenere un elenco di nomi e indirizzi di persone e controllare che si comportino bene. Contemporaneamente una serie di riforme di stampo liberista ne hanno, forse definitivamente, eroso la capacità di operare, e quindi di esistere.
La domanda che sorge spontanea è se possano tante piccole associazioni, per ciascuna categoria, sostituire il ruolo di riferimento che - in modo degno o non degno, non è questo il punto - hanno costituito gli Ordini nell'arco degli ultimi 90 anni. Non è stata proprio la frammentazione e la scarsa partecipazione dei professionisti, che ha causato molte delle sconfitte subite in questi anni? O dobbiamo forse pensare a un nuovo, diverso, sistema di rappresentanza dei professionisti, possibilmente unitario e altrettanto autorevole, di certo più efficiente ed efficace, tale cioè da poter incidere nelle sedi dove il contributo di noi professionisti può essere davvero utile allo sviluppo del nostro Paese?
di Mariagrazia Barletta architetto
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