Rispetto a quanto aveva previsto il decreto, la legge Sblocca-cantieri elimina l'obbligo per regioni e provincie autonome di prevedere, con proprie legge e regolamenti, deroghe ai limiti e ai rapporti contenuti nel Dm 1444 del 1968 sugli standard urbanistici.
In sede di conversione, al Senato, è stata inoltre introdotta una norma di interpretazione autentica, per effetto della quale le norme sulle distanze minime tra i fabbricati stabilite dall'articolo 9 del Dm 1444 del 1968 (ad esclusione di quanto disposto per i centri storici), si applicano esclusivamente alla zone di espansione (zone territoriali omogenee C).
Infine, vengono rese più facili le operazioni di demolizione e ricostruzione: tali operazioni sono sempre possibili, purché avvengano nel rispetto del vecchio sedime, delle distanze preesistenti e senza incremento né di volume né di altezza.
Il testo della legge Sblocca-cantieri
Aggiornamento del 18 giugno:
La legge di conversione è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale ed è in vigore da oggi
Si veda anche:
• 1. Lo Sblocca-cantieri è legge: campo libero all'appalto integrato e più spazio all'affidamento diretto;
• 2. Lo Sblocca-cantieri è legge: ecco come cambiano le pratiche per interventi strutturali e in zone sismiche
Alle regioni la possibilità (non più l'obbligo) di prevedere deroghe agli standard urbanistici
Il decreto Sblocca-cantieri, con la sua entrata in vigore (19 aprile), aveva modificato l'articolo 2 bis del Tue (Dpr 380 del 2001), rendendo obbligatoria, da parte delle regioni e delle provincie autonome, l'introduzione di deroghe al Dm 1444/68. La legge di conversione fa invece un passo indietro, per effetto del quale si torna alla versione del comma 1 dell'articolo 2-bis introdotta dalla legge "del fare" (legge 98 del 2013), la quale istituiva la possibilità (e non l'obbligo), da parte delle regioni e delle provincie autonome di Trento e Bolzano, di introdurre deroghe rispetto al Dm sugli standard urbanistici e di dettare disposizioni su spazi da destinare al verde, ai parcheggi, agli insediamenti residenziali e produttivi, nell'ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici. Tali deroghe, viene specificato dalla legge, sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio.
Resta ferma la competenza statale in materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di proprietà e alle connesse norme del codice civile, comprese, ovviamente, quelle su luci e vedute e distanze legali.
Art. 2-bis del Tue modificato dalla legge "Sblocca cantieri"
DEROGHE IN MATERIA DI LIMITI DI DISTANZA TRA FABBRICATI
1. Ferma restando la competenza statale in materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di proprietà e alle connesse norme del codice civile e alle disposizioni integrative, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e possono dettare disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi, nell'ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali.
1-bis. Le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio.
1-ter. In ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest'ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell'area di sedime e del volume dell'edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell'altezza massima di quest'ultimo.
Ricostruzione e demolizione nel rispetto delle distanze (legittime) preesistenti
Quanto agli interventi di sostituzione edilizia, viene stabilito che la ricostruzione è consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, purché sia effettuata assicurando due condizioni: la prima riguarda il rispetto dei limiti di altezza dell'edificio demolito; la seconda fa riferimento invece all'area di sedime e al volume dell'edificio ricostruito, che devono coincidere con quelli del fabbricato demolito.
«La norma - viene fatto notare in un dossier della Camera -, presupponendo una invarianza anche dell'area di sedime (oltre che del complessivo volume dell'edificio ricostruito e dell'altezza dello stesso) e non consentendo riduzioni dell'area di sedime (eventualmente compensabili con deroghe ai limiti di altezza ai fini dell'invarianza del volume complessivo), non appare pienamente funzionale al perseguimento della finalità di una riduzione del consumo di suolo». Tra l'altro, la riduzione del consumo di suolo è, secondo quanto dichiarato dal legislatore, uno degli obiettivi perseguiti dalle norme analizzate in questo articolo.
Limiti di distanza tra fabbricati
In sede di conversione, al Senato, è stata introdotta una norma di interpretazione autentica, per effetto della quale le norme sulle distanze minime tra i fabbricati stabilite dall'articolo 9, commi 2 e 3 del Dm 1444 del 1968 si applicano esclusivamente alla zone di espansione (zone territoriali omogenee C).
Dm 1444 del 1968, art. 9. Limiti di distanza tra i fabbricati
Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue:
1) Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale;
2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti;
3) Zone C): è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all'altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12.
Le distanze minime tra fabbricati - tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) - debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di:
- ml. 5,00 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7;
- ml. 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15;
- ml. 10,000 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15.
Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all'altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.
La riduzione dell'ambito di applicazione dei limiti di distanza - come si legge in un dossier elaborato dalla Camera - dovrebbe essere «finalizzato a consentire operazioni di rigenerazione urbana - in particolare nelle zone A) e B) come definite dall'art. 2 del DM 1444/1968 - non sottoposte al rispetto delle distanze minime previste in via generale dall'art. 9 del DM 1444/1968».
di Mariagrazia Barletta
pubblicato il: - ultimo aggiornamento: