Ridurre la concentrazione di radon indoor è un obbligo per tutti i datori di lavoro, i quali - di fronte al superamento di una soglia di allerta - sono tenuti ad adottare misure correttive per ridurre le concentrazioni al livello più basso ragionevolmente ottenibile, sulla base delle indicazioni tecniche degli esperti in interventi di risanamento. A ricordarlo è l'Inail nella recente pubblicazione dedicata alla prevenzione e protezione dall'esposizione al radon nei luoghi di lavoro. Un documento che sintetizza gli obblighi dei datori di lavoro e i comportamenti corretti da seguire secondo la normativa vigente.
La normativa di settore ha identificato - ricorda l'Inail - le situazioni in cui è «più probabile riscontrare un rischio di esposizione al radon, chiedendo per queste la valutazione del rischio come misurazione della concentrazione media annua in aria e prescrivendo l'adozione di misure correttive (interventi di risanamento) laddove i livelli riscontrati siano superiori al LdR». LdR è il livello di riferimento che, nel caso dei luoghi di lavoro, corrisponde ad una concentrazione media annua di radon in aria pari a 300 Bq/m3. Se si supera tale soglia, il datore di lavoro è obbligato ad adottare misure correttive per abbassare la concentrazione.
Tuttavia, se la soglia è al di sotto del valore di 300 Bq/m3, e «se le condizioni lo consentono, sarebbe opportuno ridurre la presenza del radon a valori più bassi possibile per tutelare la salute dei lavoratori. La riduzione delle concentrazioni di radon indoor, infatti, è una misura di protezione di tutti gli occupanti (lavoratori e membri del pubblico)», spiega ancora l'Inail.
Riguardo alla normativa, va ricordato che l'Italia ha recepito attraverso il Dlgs 101 del 2020 la direttiva 2013/59/Euratom che stabilisce norme di sicurezza per la protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e solo di recente si è dotata di un piano d'azione per la lotta la radon con l'obiettivo di affrontare i rischi a lungo termine dell'esposizione al gas radioattivo nei luoghi di lavoro e nelle abitazioni. Il "Piano nazionale d'azione per il radon 2023-2032" è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 21 febbraio di quest'anno.
Il Dlgs 101 identifica le situazioni lavorative dove il rischio di esposizione al radon non può essere ignorato e rispetto ad esse definisce gli obblighi per il datore di lavoro. I luoghi di lavoro identificati dalla norma sono: i luoghi di lavoro interrati; quelli situati ai piani terra e nei seminterrati, localizzati nelle aree prioritarie identificate dalle regioni e dalle provincie autonome di Trento e Bolzano. A queste bisogna aggiungere gli stabilimenti termali e specifiche attività lavorative identificate nell'ambito delle azioni previste dal Piano nazionale d'azione per il radon (locali con impianti di trattamento per la potabilizzazione dell'acqua in vasca aperta, impianti di imbottigliamento di acque minerali naturali e di sorgente e centrali idroelettriche).
Oltre ai luoghi di lavoro - raccomanda la guida Inail - bisogna prestare attenzione anche a categorie di lavoratori che svolgono la loro attività in una moltitudine di luoghi come, ad esempio, gli addetti ad attività di ispezione o manutenzione di impianti posti in locali sotterranei, i lavoratori impegnati in attività di restauro o di manutenzione di siti archeologici ipogei, le guide turistiche, ecc. «Per queste categorie di lavoratori è più opportuno adottare un approccio radio-protezionistico basato sulla stima individuale dell'esposizione cumulativa al radon (o della dose efficace) che deve tener conto dei livelli di radon e del tempo trascorso nei diversi ambienti in cui hanno lavorato».
Cosa fare se i livelli di concentrazione impongono un'azione da parte del datore di lavoro? Laddove i livelli di radon indoor superano il LdR, bisogna mettere in atto misure di protezione collettiva e se queste non dovessero risultare abbastanza efficaci, allora è necessario aggiungere misure di protezione individuale.
Nel primo caso (protezione collettiva) è necessario prevedere accorgimenti tecnici volti ad ostacolare l'ingresso del radon nell'edificio e quindi a ridurre i valori di concentrazione negli ambienti interni. «Questi accorgimenti tecnici, denominati "misure correttive", "interventi di risanamento" o "azioni di rimedio", possono basarsi su diversi approcci, la cui efficacia è documentata in letteratura. La scelta dell'intervento più idoneo per la situazione specifica è compito di una figura professionale introdotta dalla normativa vigente: l'esperto in interventi di risanamento (art. 15 del Dlgs. 101 del 2020)».
Si tratta - viene ricordato nella pubblicazione - di un «professionista, con abilitazione professionale per lo svolgimento di attività di progettazione di opere edili, iscritto all'albo professionale e che abbia frequentato un corso di formazione della durata di 60 ore con verifica finale dell'apprendimento, su progettazione, attuazione, gestione e controllo degli interventi correttivi per la riduzione della concentrazione di attività di radon negli edifici».
Quanto alle misure di protezione individuale, queste vanno individuate a partire dalla valutazione - eseguita dall'esperto di radioprotezione - della dose ricevuta da ciascun lavoratore.
Anche al di fuori del campo di applicazione della legge si possono avere elevati livelli di radon, Può accadere, ad esempio, in locali posti ai piani superiori al piano terra e nei luoghi di lavoro situati in aree non classificate come prioritarie. «Eseguire la misurazione della concentrazione di radon, e - se necessario - adottare interventi di risanamento è una misura di prevenzione raccomandata per ogni edificio», viene rimarcato dall'Inail.
I documenti sulla valutazione del rischio di esposizione al radon sono parte integrante del documento di valutazione del rischio (Dvr).
Per ridurre l'esposizione al gas radioattivo, ogni soluzione progettuale va ben studiata e per non essere vanificata, va anche ben eseguita dal punto di vista tecnico. Utili suggerimenti sono rintracciabili nel "Piano nazionale d'azione per il radon 2023-2032", le cui appendici 2.1 e 2.2 sono dedicate alle metodologie di intervento normalmente impiegate nella pratica corrente per il risanamento o la prevenzione dell'inquinamento da radon.
Per approfondire i metodi di intervento si veda l'articolo pubblicato su questo sito lo scorso 11 marzo (Radon, i 10 passi essenziali per intervenire in caso di ristrutturazioni e nuove costruzioni).
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